lunedì 26 aprile 2010

Napoli, camorra al cimitero di Fuorigrotta


Napoli, camorra al cimitero di Fuorigrotta
Il capoclan del quartiere decide i posti


Rivelazione choc di un pentito: «Per seppellire i propri familiari
bisogna chiedere il nullaosta. I loculi sono assegnati dal clan»


di Leandro Del Gaudio

NAPOLI (26 aprile) - L’ultima parola sui loculi, in certi casi, spettava al boss, a quello che aveva «competenza territoriale» e, quasi in automatico, un diritto di veto: l’ultima parola su «chi atterrare a Fuorigrotta», sul diritto di piangere i propri cari nel cimitero del quartiere della periferia occidentale, toccava sempre e soltanto a lui. Al boss di Fuorigrotta.

Qualcosa in più di una raccomandazione, un vero e proprio nulla osta, a leggere verbali e informative di polizia giudiziaria depositate agli atti di un processo ai presunti responsabili della faida che ha insanguinato rione Traiano e dintorni. Verbali zeppi di pagine bianche, omissis su tracce di indagini ancora in corso, poi il lungo racconto fatto alla Dda di Napoli da parte del pentito Mario Toller. È lui ad aprire lame di luce sulle presunte ingerenze della camorra sul cimitero di Fuorigrotta.

Atti da prendere con le molle, è bene chiarirlo, in attesa del vaglio definitivo da parte degli inquirenti, che raccontano però un concetto difficile da mandare giù: se appartieni al «sistema» - lascia intendere il pentito - e vuoi seppellire un parente nel cimitero di Fuorigrotta - tipo: una mamma o un figlio - non puoi fare tutto da solo. Devi rivolgerti al boss che controlla il territorio, che controlla Fuorigrotta.

Nero su bianco, la ricostruzione di Toller punta dritto contro il presunto sistema di potere creato da Davide Leone, ritenuto dal pm della Dda di Napoli Michele Del Prete protagonista della faida contro Salvatore Cutolo - anni 2007-2008 -, quattro omicidi e vari agguati falliti. A giudicare dagli «omissis», sulla presunta influenza della camorra in materia di loculi, ci sono indagini in corso. Inchiesta al momento top secret, che ruota attorno al racconto di Toller: «Durante la faida, due affiliati mi dissero che per seppellire il cadavere della madre nel cimitero di Fuorigrotta, si erano dovuti rivolgere a Davide Leone per competenza territoriale, in quanto lo stesso controllava quella zona di Fuorigrotta, comprese le attività del cimitero».

Non solo testimonianze de relato, non solo accuse indirette. Pregiudicato di vecchia data, Mario Toller decide di collaborare con la giustizia quando la camorra gli ammazza il figlio. È il 14 giugno del 2008, quando a due passi dall’ippodromo di Agnano viene ammazzato Giovanni Toller, un delitto destinato ad incidere sull’inchiesta sulla faida Cutolo-Leone. Che, neanche a dirlo, si arricchisce delle accuse di Mario Toller, proprio a partire dal giorno in cui il pentito si reca a Fuorigrotta a seppellire il figlio Giovanni.

Siamo ad agosto del 2008, l’uomo ha da pochi giorni iniziato a collaborare e si presenta in cimitero assieme alla scorta: «Anche quando andai a seppellire Giovanni, al cimitero di Fuorigrotta, ho incontrato... (omissis), che è legato a Davide Leone, che mi chiese di appartarmi, per non far sentire nulla alla scorta. Mi disse che io sapevo benissimo come funzionava il sistema in quel cimitero e cioé che per avere la disponibilità di un loculo dovevo rivolgermi a Davide Leone».

Scenario tutto da chiarire, ruoli e responsabilità da definire, anche alla luce di una premessa quanto mai categorica: le parole di un collaboratore di giustizia non rappresentano una prova, né possono costituire da solo un atto d’accusa nei confronti delle tante persone oneste (tra dirigenti e impiegati) che nel cimitero di Fuorigrotta ci lavorano. Ma l’informativa della Dda è approfondita: «Da anni c’è chi svolge il ruolo di mediatore per conto dei vari clan che si sono succeduti a Fuorigrotta, a partire dai Malvento e dai Baratto, fino allo scenario recente».

Un posto al camposanto grazie all’interessamento di un boss, dunque, soldi o favori per poter seppellire e piangere un proprio parente in un cimitero di Napoli: dove anche i lutti privati possono diventare cosa nostra.

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