mercoledì 10 marzo 2010



"Furti nel Palermitano": arrestato il figlio del boss Vitale

Il ragazzo, ancora minorenne, è accusato di essere l'ultimo componente di una banda di rapinatori già sgominata a febbraio

Partinico. Il figlio del boss ergastolano Vito Vitale, ancora minorenne, è stato arrestato dai carabinieri del gruppo di Monreale e portato in una comunità. E' accusato di essere l'ultimo componente della banda di rapinatori che era stata sgominata lo scorso 17 febbraio, di cui facevano parte Leonardo Vitale, 23 anni, altro figlio di Vito, Roberto Rizzo, 35 anni di Partinico, e Domenico Parra, 29 anni di Borgetto. La rapina era avvenuta l'11 giugno scorso. La vittima era un agricoltore del luogo a cui è stato rubato un trattore poi ritrovato in contrada Billemi. La banda aveva colpito anche a Trappeto, in provincia di Palermo, rubando dall'abitazione di un pensionato oggetti d'oro, buoni fruttiferi postali e un televisore Lcd da 50 pollici

Mafia, il ritorno dei vecchi boss
Palermo. Le cosche palermitane, decimate dagli ultimi arresti, tentano di riorganizzarsi. E ai vertici tornano boss storici. E' una delle circostanze emerse dall'indagine congiunta dello Sco della polizia e dell'Fbi che oggi ha portato all'arresto, a Palermo, di 20 persone e negli Usa di altre 6, accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, traffico di droga, riciclaggio e traffico di banconote false.
Al centro dell'inchiesta la "famiglia" di Santa Maria di Gesù tornata sotto la guida di Gioacchino Corso, e del fratello Giampaolo, entrambi arrestati. Ad eseguire le disposizioni dei due boss altri due esponenti di vecchia data dell'organizzazione mafiosa come Giuseppe Lo Bocchiaro, condannato per l'omicidio di Pietro Marchese, assassinato nell'82 mentre era detenuto all'Ucciardone, nell'ambito della guerra di mafia. A Pietro Pilo, uomo di fiducia del boss storico Cosimo Vernengo, con cui ha gestito importanti traffici di droga, era stata assegnata invece la gestione della cassa dell'organizzazione.

Mafia, ecco il libro mastro delle estorsioni

Gli investigatori hanno trovato una prova importante della gestione del racket da parte della famiglia di Santa Maria di Gesù

Palermo. E' ancora il racket delle estorsioni la principale fonte di reddito dell'organizzazione mafiosa: la conferma dell'importanza delle estorsioni per l'economia delle cosche arriva dall'indagine congiunta di polizia ed Fbi che ha portato a 26 arresti tra la Sicilia e gli Usa.
Nel corso dell'indagine gli investigatori hanno trovato una prova importante della gestione del racket da parte della famiglia di Santa Maria di Gesù: una sorta di libro mastro con l'indicazione delle vittime del pizzo e delle cifre pagate all'associazione mafiosa. A casa del cassiere della cosca è stato sequestrato anche del denaro che, secondo gli inquirenti, sarebbe il frutto del taglieggiamento. Nei confronti di chi si rifiutava di pagare l'organizzazione reagiva con attentati, danneggiamenti. Dure le sanzioni adottate anche nei confronti di chi non si adeguava alle decisioni della cosca: è il caso di Gioacchino Stassi, un pregiudicato ferito a colpi di arma da fuoco nel 2009.

Gela, atto intimidatorio a presidente dell'associazione antiracket

E' stata trovata una tanica di benzina accanto all'automobile della moglie di Renzo Caponetti. La donna è una commerciante

Gela. Una tanica di benzina é stata trovata, stamani, accanto all'automobile della moglie del presidente dell'associazione antiracket di Gela, Renzo Caponetti, in via Venezia a Gela. La moglie di Caponetti è una commerciante, titolare di un deposito di prodotti alimentari di cui il marito è amministratore e direttore. Sul luogo del ritrovamento si sono recati gli uomini del commissariato di polizia di Gela. Non è la prima volta che Caponetti subisce intimidazioni. L'associazione antiracket di Gela, intitolata a Gaetano Giordano, un profumiere ucciso dalla mafia, ha inciso molto, con la sua azione nei comportamenti di molti imprenditori e professionisti gelesi: in cinque anni sono state cento le denunce per estorsione e usura.

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