domenica 22 marzo 2009

Vittime della Mafia Nisida L'Aquilone della MEMORIA


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L’arte presepiale e la coltivazione degli asparagi: due progetti per rinascere, recuperare i ragazzi detenuti a Nisida. Con passione e determinatezza Gianluca Guida, il direttore dell’istituto di pena minorile ha raccontato ciò che è stato fatto in quest’ultimo anno di lavoro grazie al contributo di una memorabile serata organizzata dall’Inner Wheel Napoli Ovest al Politeama. Aiutato da spot, filmati e dvd, Guida ha “fatto entrare” i tanti intervenuti all’interclub tra i Rotary Napoli Ovest e Sud Ovest, presieduti rispettivamente da Mario Mariano e Ugo Oliviero, all’interno del penitenziario, nelle stanze dei ragazzi, nei luoghi di ritrovo, di gioco e di lavoro.

“Abbiamo ragazzi che provengono da tutti i quartieri a rischio della città e non solo”, ha detto il direttore. “Da Secondigliano ai Quartieri Spagnoli, da Miano a Ponticelli-Barra e ora anche da Castellammare: hanno commesso omicidi, rapine in forma grave, e spaccio…”

Ultimamente, è stata varata una direttiva europea che parla di “mediazione penale”, ciò che è importante non è sanzionare, punire, ma ricostituire la frattura che si è venuta a formare tra chi ha commesso il reato e la vittima che lo ha subito. Questo avviene organizzando alcuni incontri tra le due realtà grazie ad un’associazione di cui fanno parte i familiari delle vittime.

“I ragazzi non hanno minimamente la coscienza di ciò che hanno fatto – ha sottolineato Guida – e, sanno che se mettono in gioco i loro sentimenti diventano fragili”. Nell’ambito appunto di questo ragionamento, il 18 marzo, saranno accolti da Don Ciotti e mostreranno un aquilone fatto con 740 mattonelle sulle quali sono scritti altrettanti nomi di vittime della mafia… “I ragazzi hanno mostrato molto interesse per questo lavoro, vogliono sapere tutte le storie – ha continuato il direttore - hanno cominciato a mettere in discussione la loro appartenenza a quel sistema, si è aperta una breccia…”. Gli stessi ragazzi hanno indicato una strada per il loro recupero: la trasformazione della loro vita è legata ad una donna, all’amore, alla creazione della famiglia e magari la nascita di un figlio.

Si diventa genitori a 16-17 anni, ma i padri così giovani non hanno gli strumenti culturali per stare accanto ad un bambino che cresce e viene dunque affidato ad altri. Un tempo questi altri erano le altre famiglie e il vicolo un posto sicuro, controllato dalle donne. Uno spazio protetto che non c’è più, il vicolo, oggi, ha un’altra funzione: i bambini crescono affidati ad un sistema che offre “il sistema” come un’unica alternativa, come funzione assistenziale.

Le istituzioni sono inadeguate e non proteggono, non ci sono associazioni, non c’è accoglienza e allora succede che si commette il reato e non ci si rende conto di cosa significhi il dolore, la sofferenza e il danno che da quell’atto deriva.
Il lavoro del penitenziario consiste, dunque, nello scuotere questi ragazzi e provocare in loro qualche sentimento, ricostituire loro un’identità positiva: un ritmo regolare di vita, dei pasti, riprendere la scolarizzazione che non è esistita fino a quel momento. I ragazzi detenuti non hanno percezione di spazio e tempo, sono analfabeti, non hanno la prospettiva del futuro.

“Il nostro compito – ha ribadito il direttore Guida – è quello di far crescere questi ragazzi, farli diventare uomini, dar loro uno scopo, un lavoro, inserirli di nuovo in quella società, anch’essa vittima”.
Quindi, lavori di gruppo e formazione professionale, laboratori tradizionali o il recupero del terreno che l’isola offre: non solo la coltivazione degli asparagi già nota all’epoca di Plinio il Vecchio, ma è ora al vaglio del Ministero la creazione di un parco letterario, un percorso paesaggistico fatto di poesia e letteratura nei siti in cui queste sono nate.

Alessandra Giordano

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