mercoledì 4 marzo 2009

Mafia, beni confiscati




Mafia, beni confiscati

Cosa Nostra. Indagini effettuate dal Gico del Nucleo di Polizia tributaria
Aggredito il patrimonio immobiliare riconducibile al boss agrigentino Cesare Lombardozzi.
Il provvedimento, emesso dalla Corte d’assise d’appello, è stato eseguito dalla Guardia di Finanza
I militari del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Palermo hanno dato esecuzione ad un decreto
di confisca, emesso - su richiesta della Direzione distrettuale antimafia - dai giudici della terza sezione della
Corte d’Assise d’Appello del capoluogo dell’isola nei confronti di Cesare Calogero Lombardozzi, 65 anni, pluri pregiudicato agrigentino, già due volte condannato definitivamente per
associazione per delinquere di stampo mafioso. Le indagini patrimoniali - svolte dal Gico del Nucleo di Polizia tributaria di Palermo - hanno consentito di dimostrare che Lombardozzi possedeva beni di valore sproporzionato e non giustificabile rispetto agli esigui redditi dichiarati nel tempo. A tal proposito, la legge prevede la confisca obbligatoria
dei beni nella disponibilità del condannato, allorché, da un lato, sia provata l’esistenza di una sproporzione
tra il reddito da lui dichiarato o i proventi della sua attività economica e il valore economico di detti beni e, dall’altro,
non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza di essi, essendo peraltro irrilevante il requisito
della pertinenzialità del bene rispetto al reato per cui si è proceduto. Lombardozzi è attualmente detenuto
nella Casa circondariale di Opera (Mi). Dalle risultanze processuali, oltre che dalle dichiarazioni dei vari
collaboratori di giustizia, Lombardozzi è un affiliato alla famiglia mafiosa di Agrigento con la carica di consigliere. E’ stato più volte indicato quale alter ego del latitante Giuseppe Falsone, capo indiscusso di Cosa Nostra agrigentina,
per il quale avrebbe contatti con l’ex «primula rossa» Bernardo Provenzano. Delegato dall’organizzazione
criminale alla gestione del territorio della provincia di Agrigento, si occupava, in particolare, dell’imposizione
del pizzo e della gestione degli appalti pubblici. Ha avuto, in sostanza, un ruolo di primissimo piano in seno
all’organizzazione mafiosa agrigentina. Più volte arrestato (l’ultima nel marzo del 2007) è stato per due volte
condannato (in via definitiva) per il reato di associazione mafiosa nel 1984 e nel 1998 nell’ambito delle indagini
denominate «Santa Barbara» e «Akragas », complessivamente a 12 anni di reclusione. Pene interamente scontate.
te. Inoltre, nel luglio dello scorso anno è stato nuovamente condannato per mafia - il procedimento è attualmente
pendente dinanzi alla Corte d’Appello di Palermo - a 15 anni di reclusione dal Gup del Tribunale del capoluogo
dell’isola al termine del processo (celebrato con il rito abbreviato) scaturito dall’operazione denominata
«Camaleonte». I beni sottoposti a confisca, formalmente intestati alle figlie del Lombardozzi, hanno un valore complessivo pari a circa 800.000 euro. Si tratta di un terreno ubicato a Porto Empedocle, in località Montante-Parrinello-Caliato, esteso oltre 12 ettari; un terreno ubicato ad Agrigento, in località Due Ganee, esteso 43 ettari circa; un terreno
ubicato in Porto Empedocle, in località Ciuccafa, esteso 26 ettari circa.

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