Questo blog di notorietà internazionale, per protesta contro uno “Stato Latitante” non verrà aggiornato.
sabato 28 marzo 2009
Mafia ,Corna e Minchiate
PROCESSO SICANIA 2 MILANO
Grandangolo – il giornale di Agrigento diretto da Franco Castaldo – pubblica, questa settimana gli esiti di due importanti processi che hanno avuto come protagonista i pentiti di Racalmuto Maurizio e Beniamino Di Gati nonché Giuseppe Vaccaro. Milano, aula bunker all’interno della quale si è celebrata un’udienza del processo Sicania. Un episodio forse curioso e di rilievo venuto fuori dalla trasferta milanese di giudici, avvocati e imputati corsi ad interrogare i pentiti Maurizio Di Gati e Giuseppe Vaccaro nell’ambito appunto del processo Sicania. Nel corso del contro esame, condotto in maniera veemente e con un siparietto niente male, dall’avvocato Totò Pennica, Giuseppe Vaccaro ha detto di avere avuto dei contrasti con Pietro Mongiovì, oggi defunto perché suicidatosi in carcere dopo aver iniziato n percorso di collaborazione con la giustizia, perchè ha scoperto che la propria moglie la tradiva con quest’ultimo. Racconta il pentito di Sant’Angelo Muxaro che avrebbe voluto ammazzarlo per punirlo della “malaparte” subita e di aver chiesto, pertanto, il permesso di ucciderlo all’allora capo della famiglia mafiosa di Sant’Angelo, Agostino Sacco il quale era, tra l’altro, lo zio di Mongiovì. Ma il permesso è stato negato dato che si è deciso “solamente” di posare, mettere da parte, il focoso esponente dalla famiglia mafiosa. Maurizio Di Gati, interpellato sul punto nella stessa udienza, ha affermato che quando in Cosa Nostra succedono cose di questo genere l’unica sanzione è la morte. Nel corso dell’udienza sono venuti fuori particolari interessanti sulla vita e gestione delle famiglie mafiose della provincia di Agrigento e aperto nuovi squarci investigativi su omicidi di cui non si sapeva nulla. Inoltre, si apprende un’ulteriore novità: Maurizio Di Gati vende la sua casa di Racalmuto. Il dato è venuto fuori quando l’avvocato Pennica ha chiesto al pentito racalmutese con quali soldi ha realizzare la casa dove abitava prima di darsi alla latitanza. Di Gati ha risposto di non averla costruita con i soldi sporchi dell’estorsione e che, comunque, da qualche tempo è stata messa in vendita. Intanto si è svolto l’incidente probatorio che ha visto la deposizione dei fratelli Maurizio e Beniamino Di Gati nell’ambito dell’inchiesta “Agorà” che nei mesi scorsi ha portato in carcere mezza dozzina di persone perché intendevano realizzare il centro commerciale “Agorà” oggi denominato “Le vigne” con soldi e metodi mafiosi.
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