mercoledì 27 novembre 2013

Parioli, la ragazzina al pm: “Mi prostituivo, ora temo di non riuscire a smettere

L’ammissione: «Mi sdoppiavo, ero me stessa solo a casa»
grazia longo
roma
L’inferno delle baby prostitute ai Parioli si tinge di un nuovo orrore: la paura di «non riuscire a smettere di vendersi». Lo confessa la più piccola, Aurora, 14 anni, al pm Cristiana Macchiusi nell’interrogatorio protetto alla presenza della psicologa Francesca Vitale.

«Non lo so, non lo so nemmeno se c’è la farò ad adattarmi alla vita normale - racconta - e sinceramente non so nemmeno se ce la faccio a non rifarlo. Cioè io ero già stata segnalata per un furto di tre magliette con Vanessa...». E ancora: «Cioè è difficile per me pensare che devo andare in giro coi mezzi pubblici, io giro in taxi». Il sogno di Aurora è il motorino, «ma mia madre non vuole, ha paura. Meglio la macchinetta, solo che ci vogliono 15 mila euro».

La domanda del magistrato - considerato che Aurora ha raccontato di aver iniziato «’sto lavoretto» nel giugno scorso arrivando nel tempo a guadagnare anche 500 euro al giorno - sorge spontanea. Quanti soldi ti sei messa da parte? La risposta è sorprendente: «Zero... ho speso tutto in taxi, sigarette, cene, vestiti e borse firmati, le uscite con gli amici al sabato... Non c’avevo il problema dei soldi, mi dicevo “tanto oggi li rifaccio””».

Una ragazza spregiudicata e disincantata? Aurora in realtà è pur sempre poco più di una bambina, vittima di un sistema contorto, di una situazione familiare disastrata, di un abisso in cui è sprofondata e dal quale fatica a riemergere. «L’importante è che nessuno venga a sapere quello che ho fatto» dice e poi aggiunge «io mi sdoppiavo quando andavo là (la casa di viale Parioli 190 affittata dal protettore Mirko Ieni detto Mimmi, ndr) cioè può sembrare una cosa tanto grave ma non lo è perché Mirko non ci obbligava». L’unica fuga è il non pensare, lo sdoppiarsi: «Tendo a dimenticare ’ste cose, perché sennò non vivrei proprio con me stessa. Mi sdoppio, io divento un’altra persona e non penso a niente. Ritorno me stessa solo quando torno a casa mia».

Povera Aurora. Luci e ombre di una ragazzina cresciuta senza padre. Quando le chiedono se ce l’ha, risponde: «No, cioè sì, ma no. Se lo vedo per strada, capace che lo riconosco... Lo vedo una volta ogni tre anni, ogni quattro anni... Lui viene a Roma e ci vede per quei venti minuti, cerca di risolvere tutto mollandoci 200 euro a testa a me e mio fratello, nemmeno a mia madre».

La madre. In carcere con l’accusa di aver favorito la prostituzione della figlia, Aurora la difende: «Le avevo detto che spacciavo, che andavo a casa di Mimmi per spacciare». La mamma che va difesa ma alla quale anche ci si aggrappa, «a volte anche se mi vergognavo volevo dirlo a mia mamma che mi prostituivo così mi avrebbe fatto smettere». La madre che chiede soldi alla figlia «perché semo a corto». Aurora le ha dato da 100 a 400 euro al giorno. La madre che non sa gestire neppure l’altro figlio bipolare (affidato a una casa famiglia) che non si interessa dell’istruzione di Aurora. Ma questa la difende, come difende il protettore Ieni, rappresentato dall’avvocato Raffaella Scutieri, e come difende l’amica del cuore Vanessa indagata per induzione alla prostituzione. «Non mi ha obbligato lei - insiste Aurora - solo che io all’inizio avevo paura e la prima volta, scandalizzata, mi sono messa a piangere...». Poi però la paura è passata: «Ho iniziato a lavorare prima con Vanessa e poi da sola. Mi sono detta: “Ah, è facile, allora non trovo nessun problema”».

Il magistrato prova a farla ragionare sull’importanza dello studio, dell’università, ma Aurora si preoccupa solo «che ’sti anni non me li ridarà più nessuno. Ora io non c’ho più manco soldi per uscire il sabato. Non mi posso togliere quel poco di divertimento che c’ho. La mia vita gira intorno a ’sta cosa e al sabato».

Inquietante la soluzione intravista: «Avevo intenzione di organizzare meglio gli orari. Uscita da scuola andavo da Mimmi e alle quattro e alle cinque andavo a casa e studiavo».

Per fortuna oggi Aurora è in una casa famiglia dove appenderà a muovere altri passi nella sua giovane vita. Nel frattempo, sul fronte delle indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo agli ordini del colonnello Sabatino, si registra l’autodenuncia di diversi clienti. Qualcuno sostiene di essere scappato non appena si è accorto della minore età delle due studentesse, qualcun altro ammette i rapporti ignorando che fossero poco più di due bambine. 

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