Coinvolti in cinque, erano vicini al clan Pesce di Rosarno
Quattro persone in manette, un'altra ai domiciliari, secondo le indagini condotte dai carabinieri avevano esportato il metodo estorsivo basato sulle intimidazioni. E tra le accuse c'è anche il tentato omicidio. Si tratta di una ramificazione della potente cosca attiva nella piana di Gioia Tauro
I CARABINIERI del Gruppo di Aosta hanno arrestato tre esponenti della famiglia di 'ndrangheta dei Pesce di Rosarno, in provincia di Reggio Calabria. Per un’altra persona sono stati disposti i domiciliari. Secondo l'accusa avevano esportato un modello estorsivo basato sulle intimidazioni e arrivato fino al tentato omicidio. E in Val d'Aosta si presentavano come i "Calabria boys".
Sono contestati i reati di tentata estorsione, danneggiamento a seguito d’incendio, rapina, tentato omicidio e lesioni personali. Per tutti l’aggravante del metodo mafioso. Le indagini, iniziate un anno fa, sono state coordinate dalla Dda di Torino e condotte dai militari del Nucleo Investigativo del Gruppo di Aosta.
Le persone arrestate sono Claudio Taccone, di 45 anni, Ferdinando Taccone di 21 anni e Vincenzo Taccone di 20 anni, tutti residenti a Saint-Marcel (Aosta). Sono stati anche disposti gli arresti domiciliari per Santo Mammoliti (39 anni) di Aosta. Secondo quanto hanno spiegato i carabinieri nel corso della conferenza stampa un quinto destinatario di custodia cautelare si trova all’estero.
Sono tre gli episodi sui cui si sono concentrati gli inquirenti nell’ambito dell’inchiesta 'Hybris' che ha portato agli arresti: l’incendio del 3 giugno del 2012, con finalità estorsive per ottenere un posto di lavoro, di un’auto parcheggiata al quartiere Dora ad opera di Ferdinando Taccone e del quinto destinatario della misura cautelare, a cui è seguito un danneggiamento di un’altra auto parcheggiata alla Cogne acciai speciali e un’aggressione alla figlia di una delle due persone che potevano garantire loro il posto di lavoro; l'aggressione con bastone e coltello - puntato alla gola, di qui il tentato omicidio - della serata del 30 settembre scorso da parte di Ferdinando Taccone, suo fratello Vincenzo e un terzo giovane all’epoca dei fatti minorenne (per questa aggressione aveva subito proceduto la Questura di Aosta, a un padre e un figlio aostani i quali avrebbero accusato i Taccone di «non saper scannare»; la tentata estorsione di cinquemila, e quelle consumate di 100 euro ogni 3-4 giorni, da parte di Santo Mammoliti e del quinto destinatario della misura cautelare a un corriere della droga successivamente fermato con 50 chilogrammi di marijuana e ora in carcere.
In più occasioni Ferdinando Taccone, secondo gli inquirenti, «ha fatto riferimento alla sua accertata parentela con la famiglia Pesce di Rosarno». Ad Aosta erano noti come i 'Calabria Boys'. L’indagine dei carabinieri ha riguardato un «contesto sociale di forte degrado» che «ha fatto emergere un substrato culturale per certi aspetti incredibile», legato a «famiglie calabresi residenti in Valle d’Aosta ma che hanno mantenuto forti legami con il territorio di origine e che sentono fortissimo il culto dell’onorabilità e dell’onore», ha spiegato in conferenza stampa il tenente colonnello Massimiliano Rocco, comandante del Gruppo Aosta.
In particolare è emersa una «gestione territoriale che arriva direttamente dalla Calabria in base alle famiglie di riferimento, sia delle vittime, sia degli estorsori». A preoccupare è «l'omertà assoluta, ci deve essere una reazione da parte della società civile e un aiuto da parte delle istituzioni. Stupisce la mancanza di denuncia», ha sottolineato il tenente colonnello Cesare Lenti, comandante del reparto operativo.
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