Tre notifiche di custodia cautelare in carcere a tre indagati: il boss Giuseppe Madonia, il boss della cosca Santapaola, Maurizio Zuccaro, e Orazio Bendetto Cocimano
CATANIA. La Procura di Catania ha individuato i presunti responsabili, a vario titolo, dell'uccisione di Luigi Ilardo, il cugino del boss Giuseppe 'Piddu' Madonia, assassinato il 10 maggio del 1996 a Catania. E' quanto emerge da un'ordinanza di custodia cautelare notificata in carcere a tre indagati: lo stesso storico capomafia nisseno parente della vittima, il boss della cosca Santapaola, Maurizio Zuccaro, e Orazio Bendetto Cocimano. Il provvedimento è stato notificato dalla squadra mobile della Questura di Catania.
L'omicidio secondo quanto accertato, maturò all'interno di Cosa Nostra perché si era ingenerata la convinzione che Ilardo fosse un confidente di polizia. Il 2 maggio del 1996, pochi giorni prima di essere ucciso, Ilardo aveva manifestato ai magistrati di Catania e Caltanissetta la sua disponibilità a collaborare con la giustizia. Ad ordinare l'omicidio sarebbe stato Giuseppe Madonia, 67 anni, raggiunto dall'ordinanza, richiesta dalla Dda, nel carcere dell'Aquila, dove è detenuto al regime di 41 bis. Maurizio Zuccaro, di 52, ritenuto l'organizzatore, è detenuto nel carcere di Opera. Orazio Benedetto Cocimano, di 49, che sarebbe stato l'esecutore materiale, nel carcere di Frosinone. All'omicidio avrebbero anche preso parte Maurizio Signorino e Pietro Giuffrida, questi ultimi deceduti. Tra le fila del clan Santapaola l'ordine fu impartito dai vertici del clan all'epoca detenuti in carcere.
Le dichiarazioni che hanno consentito la svolta nelle indagini sono state quelle del collaboratore di giustizia Santo La Causa, che partecipò alla fase organizzativa, e di altri collaboratori, tra cui Natale Di Raimondo, Giacomo Cosenza, Calogero Pulci, Ciro Vara, Carmelo Barbieri, Giovanni Brusca e Antonino Giuffré. Oltre agli indagati avrebbe dovuto rispondere dell'omicidio Vincenzo Santapaola, figlio di Salvatore, ritenuto colui che avrebbe 'transitato' l'ordine dalla famiglia Madonia al clan Santapaola ma il gip ha ritenuto insufficiente il quadro indiziario,confermando però il quadro complessivo; la Procura e ha presentato appello.
A parlare agli investigatori dell'omicidio era stato, nel 2010, il collaboratore di giustizia Eugenio Salvatore Sturiale, il quale assistette casualmente ad alcuni appostamenti nei pressi della sua abitazione - era vicino di casa di Ilardo - e anche all'agguato. Inizialmente negli ambienti mafiosi non fu rivelata l'attività di confidente dei Ilardo, diffondendo invece la voce che l'uomo era coinvolto nell'omicidio dell' avvocato Famà e che si era appropriato di denaro provenienti
dall'estorsione alle acciaierie Megara. La fase esecutiva dell'omicidio subì un'improvvisa accelerazione nella prima decade di maggio, tanto che non si attese nemmeno il consenso di
Provenzano, in coincidenza con la manifestata disponibilità di Ilardo a collaborare. Per la Procura etnea ciò non può non far sorgere il fondato sospetto che all'interno dell'organizzazione mafiosa si era venuti a conoscenza, attraverso canali che non è stato possibile ricostruire, dell'intenzione di Ilardo di diventare collaboratore di giustizia.
L'omicidio secondo quanto accertato, maturò all'interno di Cosa Nostra perché si era ingenerata la convinzione che Ilardo fosse un confidente di polizia. Il 2 maggio del 1996, pochi giorni prima di essere ucciso, Ilardo aveva manifestato ai magistrati di Catania e Caltanissetta la sua disponibilità a collaborare con la giustizia. Ad ordinare l'omicidio sarebbe stato Giuseppe Madonia, 67 anni, raggiunto dall'ordinanza, richiesta dalla Dda, nel carcere dell'Aquila, dove è detenuto al regime di 41 bis. Maurizio Zuccaro, di 52, ritenuto l'organizzatore, è detenuto nel carcere di Opera. Orazio Benedetto Cocimano, di 49, che sarebbe stato l'esecutore materiale, nel carcere di Frosinone. All'omicidio avrebbero anche preso parte Maurizio Signorino e Pietro Giuffrida, questi ultimi deceduti. Tra le fila del clan Santapaola l'ordine fu impartito dai vertici del clan all'epoca detenuti in carcere.
Le dichiarazioni che hanno consentito la svolta nelle indagini sono state quelle del collaboratore di giustizia Santo La Causa, che partecipò alla fase organizzativa, e di altri collaboratori, tra cui Natale Di Raimondo, Giacomo Cosenza, Calogero Pulci, Ciro Vara, Carmelo Barbieri, Giovanni Brusca e Antonino Giuffré. Oltre agli indagati avrebbe dovuto rispondere dell'omicidio Vincenzo Santapaola, figlio di Salvatore, ritenuto colui che avrebbe 'transitato' l'ordine dalla famiglia Madonia al clan Santapaola ma il gip ha ritenuto insufficiente il quadro indiziario,confermando però il quadro complessivo; la Procura e ha presentato appello.
A parlare agli investigatori dell'omicidio era stato, nel 2010, il collaboratore di giustizia Eugenio Salvatore Sturiale, il quale assistette casualmente ad alcuni appostamenti nei pressi della sua abitazione - era vicino di casa di Ilardo - e anche all'agguato. Inizialmente negli ambienti mafiosi non fu rivelata l'attività di confidente dei Ilardo, diffondendo invece la voce che l'uomo era coinvolto nell'omicidio dell' avvocato Famà e che si era appropriato di denaro provenienti
dall'estorsione alle acciaierie Megara. La fase esecutiva dell'omicidio subì un'improvvisa accelerazione nella prima decade di maggio, tanto che non si attese nemmeno il consenso di
Provenzano, in coincidenza con la manifestata disponibilità di Ilardo a collaborare. Per la Procura etnea ciò non può non far sorgere il fondato sospetto che all'interno dell'organizzazione mafiosa si era venuti a conoscenza, attraverso canali che non è stato possibile ricostruire, dell'intenzione di Ilardo di diventare collaboratore di giustizia.
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