Rifiuti portati in Puglia a peso d'oro. Portarli in Olanda costa meno
Dalla Norvegia rifiutano i nostri sacchetti: non ci fidiamo di bruciarli, non sappiamo cosa contengono
di Adolfo Pappalardo
Proprio ieri il New York Times, nell’edizione cartacea, si chiedeva come mai Napoli continuasse a spedire i rifiuti altrove. E, ancora, come mai l’impianto di Oslo, che ne ha disperatamente bisogno, non abbia voluto prendere i rifiuti napoletani.
Al secondo quesito rispondono i gestori dell’impianto norvegese al quotidiano Usa: «Non vengono considerati sicuri, preferiamo quelli inglesi». Come dargli torto. Perché inquirenti e commissione d’inchiesta sulle ecomafie hanno messo il dito su troppe ombre del trasporto rifiuti dalla Campania.
Troppi e un giro d’affari milionario: solo nel 2012 la Sapna ha speso 69,2 milioni di euro. Una cifra enorme e il sospetto fondato che a rimetterci sono i cittadini e non certo chi li trasporta. «Trasi munnizza e nesce oro», dicono in Sicilia e infatti è un trapanese, Vincenzo D’Angelo, che stila un contratto con la società della Provincia di Napoli per portare i rifiuti (la parte umida passata per la tritovagliatura) in Puglia. Procedura d’urgenza e niente gare alla cifra record di 160 euro a tonnellata. Poco? Molto? Per portare i rifiuti via nave in Olanda si percorrono 3500 chilometri e si spendono 115 euro a tonnellata, trasporto compreso. Per la Puglia, con i suoi 200 chilometri, praticamente dietro l’angolo, si spendono tra le 150 e le 160 euro a tonnellata. Un paradosso. Ed infatti le 80mila tonnellate via mare sono costate 9,2 milioni di euro, le 400mila verso la Puglia ben 60 milioni. Tanto varrebbe, portare tutto in Olanda (e i contratti stilati lo permettono): almeno così si sarebbero risparmiati 14 milioni solo nel 2012.
E torniamo a D’Angelo, che appena 5 mesi dopo il contratto stipulato con la Sapna viene arrestato dalla Finanza (e condannato a 7 anni). Un fiuto per gli affari. Perché guadagnava non solo ritirando i rifiuti da Napoli, ma anche modificando i codici e spedendone una parte, dietro compenso è chiaro, verso i cementifici giapponesi e coreani bisognosi di combustibile. «Il guadagno era di 250 volte superiore», scrissero i magistrati della procura antimafia di Lecce riferendosi ai migliaia di containers sequestrati nei porti pugliesi e siciliani riconducibili all’imprenditore. E infatti, proprio ieri Legambiente nel suo annuale rapporto sulle ecomafie scrive come «nel ciclo dei rifiuti spiccano l’incremento dei reati registrato in Puglia (+24% rispetto al 2011), al terzo posto dopo Campania e Calabria, e il quinto raggiunto dalla Sardegna. Anche in questa “filiera” dell’illegalità ambientale la provincia di Napoli è al primo posto in Italia, seguita da Vibo Valentia, dove si registra un più 120 per cento».
Colpa di un sistema perverso che costringe la Campania a spedire tutto altrove. E la colpa non è certo tutta della mancanza di inceneritori o della differenziata bassa. Ma sappiamo che in Campania esiste solo un impianto per l’umido ed è a Salerno? Costato 25 milioni (di cui 20 con i fondi europei) serve solamente il comune capoluogo. Nella regione, secondo un piano del 1994, ne dovevano essere costruiti 9. Ma in 20 anni solo progetti e qualche struttura abbandonata. E Napoli, tanto per fare un esempio, nonostante faccia sforzi immani per far salire la differenziata (ora al 27 per cento, 30 si spera per la fine dell’anno, 70 come annunciava il sindaco de Magistris in campagna elettorale chissà...) non è stata capace manco di costruire un impiantuccio innocuo per trasformare l’umido in compost per l’agricoltura. E cosa è costretta a fare l’Asìa? Ogni anno spende 6 milioni di euro per spedire la frazione umida negli impianti del Veneto. Tanto che i poco più di 5 milioni incassati invece per la vendita di materiali riciclati come la carta, il vetro o la plastica non coprono nemmeno i viaggi veneti. Quando si potrebbe costruire un sito di compostaggio a Napoli (costo 18 milioni di euro finanziati dalla Ue) e ammortizzare la spesa in poco più di 3 anni. Ma ieri il vicesindaco Sodano, che da ex componente della commissione sulle ecomafie conosce bene per averli denunciati tutti gli sfasci del ciclo dei rifiuti, annuncia come «stiamo infatti lavorando per la realizzazione di due impianti di compostaggio». Quando già vent’anni sono passati....
Al secondo quesito rispondono i gestori dell’impianto norvegese al quotidiano Usa: «Non vengono considerati sicuri, preferiamo quelli inglesi». Come dargli torto. Perché inquirenti e commissione d’inchiesta sulle ecomafie hanno messo il dito su troppe ombre del trasporto rifiuti dalla Campania.
Troppi e un giro d’affari milionario: solo nel 2012 la Sapna ha speso 69,2 milioni di euro. Una cifra enorme e il sospetto fondato che a rimetterci sono i cittadini e non certo chi li trasporta. «Trasi munnizza e nesce oro», dicono in Sicilia e infatti è un trapanese, Vincenzo D’Angelo, che stila un contratto con la società della Provincia di Napoli per portare i rifiuti (la parte umida passata per la tritovagliatura) in Puglia. Procedura d’urgenza e niente gare alla cifra record di 160 euro a tonnellata. Poco? Molto? Per portare i rifiuti via nave in Olanda si percorrono 3500 chilometri e si spendono 115 euro a tonnellata, trasporto compreso. Per la Puglia, con i suoi 200 chilometri, praticamente dietro l’angolo, si spendono tra le 150 e le 160 euro a tonnellata. Un paradosso. Ed infatti le 80mila tonnellate via mare sono costate 9,2 milioni di euro, le 400mila verso la Puglia ben 60 milioni. Tanto varrebbe, portare tutto in Olanda (e i contratti stilati lo permettono): almeno così si sarebbero risparmiati 14 milioni solo nel 2012.
E torniamo a D’Angelo, che appena 5 mesi dopo il contratto stipulato con la Sapna viene arrestato dalla Finanza (e condannato a 7 anni). Un fiuto per gli affari. Perché guadagnava non solo ritirando i rifiuti da Napoli, ma anche modificando i codici e spedendone una parte, dietro compenso è chiaro, verso i cementifici giapponesi e coreani bisognosi di combustibile. «Il guadagno era di 250 volte superiore», scrissero i magistrati della procura antimafia di Lecce riferendosi ai migliaia di containers sequestrati nei porti pugliesi e siciliani riconducibili all’imprenditore. E infatti, proprio ieri Legambiente nel suo annuale rapporto sulle ecomafie scrive come «nel ciclo dei rifiuti spiccano l’incremento dei reati registrato in Puglia (+24% rispetto al 2011), al terzo posto dopo Campania e Calabria, e il quinto raggiunto dalla Sardegna. Anche in questa “filiera” dell’illegalità ambientale la provincia di Napoli è al primo posto in Italia, seguita da Vibo Valentia, dove si registra un più 120 per cento».
Colpa di un sistema perverso che costringe la Campania a spedire tutto altrove. E la colpa non è certo tutta della mancanza di inceneritori o della differenziata bassa. Ma sappiamo che in Campania esiste solo un impianto per l’umido ed è a Salerno? Costato 25 milioni (di cui 20 con i fondi europei) serve solamente il comune capoluogo. Nella regione, secondo un piano del 1994, ne dovevano essere costruiti 9. Ma in 20 anni solo progetti e qualche struttura abbandonata. E Napoli, tanto per fare un esempio, nonostante faccia sforzi immani per far salire la differenziata (ora al 27 per cento, 30 si spera per la fine dell’anno, 70 come annunciava il sindaco de Magistris in campagna elettorale chissà...) non è stata capace manco di costruire un impiantuccio innocuo per trasformare l’umido in compost per l’agricoltura. E cosa è costretta a fare l’Asìa? Ogni anno spende 6 milioni di euro per spedire la frazione umida negli impianti del Veneto. Tanto che i poco più di 5 milioni incassati invece per la vendita di materiali riciclati come la carta, il vetro o la plastica non coprono nemmeno i viaggi veneti. Quando si potrebbe costruire un sito di compostaggio a Napoli (costo 18 milioni di euro finanziati dalla Ue) e ammortizzare la spesa in poco più di 3 anni. Ma ieri il vicesindaco Sodano, che da ex componente della commissione sulle ecomafie conosce bene per averli denunciati tutti gli sfasci del ciclo dei rifiuti, annuncia come «stiamo infatti lavorando per la realizzazione di due impianti di compostaggio». Quando già vent’anni sono passati....
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