martedì 8 ottobre 2013

Saviano in tribunale: "Libero solo all'estero"

Ma i legali degli imputati lo attaccano Il pm lo difende. Cancellieri: il Paese è con lui
      
Lo scrittore è in tribunale per testimoniare al processo per le minacce ricevute durante l'appello di "Spartacus" dai boss del clan dei casalesi Francesco Bidognetti e Antonio Iovine. Parla della sua vita sotto scorta, ma gli avvocati degli imputati lo attaccano facendo riferimento a una recente causa per plagio

di CONCHITA SANNINO
Lo scrittore Roberto Saviano va in tribunale a Napoli come testimone al processo per le minacce ricevute durante l'appello di "Spartacus" dai boss del clan dei casalesi Francesco Bidognetti e Antonio Iovine tramite i loro legali.

Il dibattimento è in corso davanti alla terza sezione del Tribunale, collegio A. Comincia il pm : "Teste Roberto Saviano, dica al tribunale qual è la sua attività e quali sono le fasi salienti che l'hanno portata a diventare il giovane autore di Gomorra". Sono le 11.36. Lo scrittore, circondato da quattro carabinieri, entra nell'aula 115 del tribunale. Saviano è parte lesa nel processo che vede imputati per "minacce aggravate dall'articolo 7", ovvero dalla finalità mafiosa,  i superboss Bidognetti e Iovine, e gli avvocati Michele Santonastaso e Carmine D'Aniello.

"La mia vita comincia a cambiare dopo che a Casal di Principe, invitato dall'allora presidente  Bertinotti e dall'ex assessore regionale Gabriele, dico ad alta voce i nomi dei boss che nessuno aveva mai pronunciato da un palco: i nomi di Schiavone, di Bidognetti, di Iovine. In piazza, mentre io parlavo agli studenti,  in pubblico, di quei nomi che devastavano il territorio , qualcosa successe: il figlio di Schiavone-Sandokan mi fissa, parla e dice delle cose in strada, la gente si gira, non guarda più noi ma guarda lui".


"COSI' EBBI LA SCORTA" - L'aula ascolta in silenzio, Saviano continua. "Già quel giorno avrei dovuto prendere da solo un treno per andare a Napoli a ritirare il Premio Siani. Invece la scorta di Bertinotti o Gabriele mi prende da parte, "il ragazzo viene con noi". Saviano racconta poi, dettaglio per dettaglio, data per data, intimidazioni o messaggi singolari a lui destinati, che segnalano la sua trasformazione da esordiente di successo a simbolo non solo nazionale della testimonianza antimafia. Così si arriva a quelle minacce del 2008.

L'episodio su cui si svolge il dibattimento napoletano  risale infatti al marzo di quell'anno, quando - davanti alla Corte d'Assise di Appello - era in corso il processo Spartacus 2 - l''avvocato Santonastaso, (oggi in carcere per associazione mafiosa) che all'epoca assieme a D'Aniello assisteva Bidognetti e Iovine (quest'ultimo all'epoca ancora latitante) lesse in aula una lunga nota, che in calce recava addirittura la firma dei due padrini, con cui si avanzava la richiesta di trasferire quel mastodontico processo al gotha dei casalesi in un'altra città per legittima suspicione. Il testo della lettera conteneva parole ed espressioni minacciose nei confronti dello scrittore (oltre che dei magistrati Raffaele Cantone e Federico Cafiero de Raho, e della giornalista, oggi senatrice Pd, Rosaria Capacchione).

Appena due mesi dopo la lettura di quella lettera in aula in cui si indicava Saviano come presunto autore del condizionamento dei giudici , sarebbe cominciata la stagione di sangue dello stragista dei casalesi Giuseppe Setola: oltre venti omicidi di innocenti nella primavera di sangue di Gomorra.

LE MINACCE DEI BOSS
- Continua Saviano: "Ricordo bene quel giorno del 13 marzo 2008. Era la prima volta in assoluto nella storia delle mafie italiane che due boss della pericolosità di Bidognetti e Iovine, peraltro quest'ultimo latitante, si esponevano in un'aula con le firme proprie a indicare il "pagliaccio" per loro responsabile a livello nazionale mediaticamente dei riflettori accesi su di loro, da parole che erano state oggetto di un clamoroso, del tutto imprevedibile passaparola. E fecero lo stesso con la cronista Capacchione , con i magistrati Cafiero de Raho e Cantone".

Chiede il pm Antonello Ardituro: come comprese che qualcosa di nuovo o preoccupante era accaduto? "La prima cosa che mi colpì fu che gli altri avvocati del corposo collegio difensivo presero le distanze da questa iniziativa: ma se era una legittima istanza tecnico-legale , perché dissociarsi subito, in fretta, pubblicamente? Mi accorsi poi di un allarme dal tenore delle telefonate che ebbi ad esempio proprio da Cantone, tutti gli addetti lessero qualcosa di strano in quella missiva, ricordo mi chiamò anche Repubblica: "Ehi che sta succedendo?". Non ho avuto paura di Bidognetti o Iovine, figuriamoci... Ma ho avuto paura che si potesse fare una cosa del genere in un'aula di giustizia".

"LIBERO SOLO ALL'ESTERO" - "Immagino - prosegue Saviano - che la mia vita possa essere libera solo all'estero, in Paesi che possano darmi un'altra identità, così che possa permettermi una vita nuova che comincia da zero".

"Ho la sensazione - aggiunge  - di essere un reduce dopo una battaglia. Vivevo a Napoli e immaginavo la possibilità di una carriera universitaria. I rapporti con i miei familiari sono diventati complicati. Il progressivo aumento della scorta rende difficilissima la vita quotidiana. Non esistono passeggiate, nessuna forma di vita normale, non posso prendere il treno né la metropolitana o scegliere un ristorante senza concordarlo con la scorta".

L'ATTACCO DEGLI AVVOCATI  - Ma mentre prosegue la testimonianza dello scrittore, il processo sembra prendere un'altra piega. I legali dei quattro imputati intervengono, fanno riferimento alla recente causa per plagio allo scrittore, alle querele subite. Il duello si fa acceso al punto che il pm Ardituro interviene richiamando gli avvocati: "Questo non è il processo a Saviano, lui è qui oggi in qualità di testimone".

CANCELLIERI: IL PAESE E' CON LUI - "Tutto il Paese è con Roberto Saviano": lo ha detto il ministro della Giustizia
Anna Maria Cancellieri, che si sente "legata a lui da un rapporto direi di amicizia". "Ho grande stima e considerazione di Saviano - ha affermato a Lussemburgo - Certo, non è facile trovarsi a dover accusare la camorra, ma non dimentichiamo che grazie al suo intervento sono state compute operazioni molto significative. Chiaramente - ha osservato - quando ci si pone in certe posizioni i problemi arrivano, però credo che tutto il Paese sia con lui".

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