«Ci chiediamo come sia possibile che alla famiglia Lima sia stata riconosciuto lo status di vittima di mafie, visto l’estremo rigore dei criteri della legge nazionale – scrivono in una nota al termine dell’udienza, l’associazione Libera e il Centro Studi Pio La Torre
Prima la notizia poi la smentita. Infine, il testo di una sentenza che mette nero su bianco la richiesta di risarcimento danni per l’omicidio del politico Salvo Lima, presentata dalla figlia Susanna. Il processo che si è concluso nel 2006 chiama in causa anche il Fondo di solidarietà per i familiari delle vittime di reati di stampo mafioso. Il giudice ha disposto un risarcimento danni che ammonta a 1.815.957,11 euro. Lo scorso 23 ottobre l’avvocato di parte civile per l’associazione Libera, Enza Rando, durante un’udienza del processo sulla Trattativa Stato-mafia a Palermo, chiese alla teste Susanna Lima: “Lei è riconosciuta familiare di vittima delle mafie”? Il “si” della Lima lasciò perplessi molti e il caso era finito in poche ore sulle agenzie di stampa e i principali “portali” d’informazione. La donna, incalzata dall’avvocato Rando, aveva precisato anche di aver avuto questo riconoscimento secondo la “legge nazionale” ovvero quella che prevede un iter molto selettivo e rigoroso prima dell’acquisizione dello status di familiare.
Clicca qui per ascoltare l’udienza integrale su Radio Radicale
http://www.radioradicale.it/swf/fp/flowplayer-3.2.7.swf?
http://www.radioradicale.it/swf/fp/flowplayer-3.2.7.swf?
Susanna Lima è figlia del politico siciliano Salvo Lima, ucciso da cosa nostra nel marzo del 1992. Un delitto “eccellente” che aprì la stagione delle stragi palermitane di Falcone e Borsellino. Perché non era un politico qualunque: nel 1958 Lima era stato infatti eletto sindaco di Palermo, avendo come assessore ai lavori pubblici Vito Ciancimino : durante il periodo della giunta comunale del sindaco Lima, delle 4.000 licenze edilizie rilasciate, 1600 figurarono intestate a tre prestanome, che non avevano nulla a che fare con l’edilizia; vennero apportate numerose modifiche al piano regolatore di Palermo che permisero a numerosi costruttori di edificare comprando terreni a noti mafiosi, ad altre ditte direttamente legate a boss mafiosi di ottenere in una settimana licenze per costruire palazzi e sventrare Palermo, violando il Piano Regolatore. Nel 1962 Lima divenne segretario provinciale della Democrazia Cristiana di Palermo fino al 1963 e poi dal 1965 al 1966 venne rieletto sindaco di Palermo. Nel 1968 Lima venne eletto alla Camera dei deputati ed abbandonò la corrente fanfaniana passando a quella andreottiana: grazie al contributo elettorale di Lima, la corrente andreottiana riuscirà ad ottenere rilievo nazionale. Sottosegretario diverse volte nel 1979 Lima venne eletto al Parlamento europeo, venendo riconfermato per altre due legislature. E in quegli anni rafforzò la sua presenza in Sicilia diventando potente proconsole di Andreotti, per tutti gli anni 80’.
Sentenze, dichiarazioni di collaboratori di giustizia, analisi di storici e ricercatori, hanno spiegato che l’omicidio di Salvo Lima, fu direttamente voluto dalla mafia, dai corleonesi di Totò Riina, per lanciare un segnale ai propri riferimenti politici, in particolare a quella parte della Democrazia cristiana legata a Giulio Andreotti, accusata di non esser riuscita ad impedire la sentenza definitiva in Cassazione del maxi processo voluto da Falcone e Borsellino, definitivamente convalidato dalle Sezioni Riunite della Cassazione pochi mesi prima del delitto Lima, cioè il 30 gennaio del 1992. E molti atti processuali, così come le dichiarazioni dei pentiti nei processi palermitani, hanno accertato la vicinanza di Salvo Lima ai boss mafiosi, per i quali, hanno scritto i magistrati, era stato garante del rapporto fiduciario con i politici democristiani. Nella sentenza di primo grado del processo a carico di Andreotti (pronunciata il 23 ottobre del 1999), la Corte dichiarò infatti che «…dagli elementi di prova acquisiti si desume che già prima di aderire alla corrente andreottiana, l’on. Lima aveva instaurato un rapporto di stabile collaborazione con Cosa Nostra”. Un delitto mafioso , anche se eccellente: autori e vittima di stampo mafioso
«Ci chiediamo come sia possibile che alla famiglia Lima sia stata riconosciuto lo status di vittima di mafie, visto l’estremo rigore dei criteri della legge nazionale – scrivono in una nota al termine dell’udienza, l’associazione Libera e il Centro Studi Pio La Torre, parti civili nel processo. «Una rigidità – sottolineano – che ha portato all’esclusione di questo riconoscimento per diversi familiari di vittime di criminalità organizzata. Quando e da chi è stata assunta questa decisione e quali criteri sono stati seguiti nella valutazione?». Un paio d’ore e arriverà la smentita del suo avvocato, Carlo Lo Monaco, che è anche il marito della donna: la mia assistita ha frainteso la domanda, non gode dei benefici previsti per i familiari di vittime delle mafie – aveva scritto in una nota.
Ma il capitolo non è chiuso, tutt’altro. Perché Susanna Lima di fronte ad una domanda così chiara, “fraintende” e risponde il falso, sotto giuramento? In realtà, documenti alla mano, la donna non equivoca; anzi. Aveva risposto positivamente alla luce della sentenza n. 4143 del 25 ottobre del 2006, emessa dalla terza sezione civile del tribunale di Palermo. Il giudice aveva, infatti, condannato i mafiosi responsabili dell’omicidio del padre a risarcire la figlia, Susanna Lima i danni patrimoniali, morali e biologici subìti a causa del delitto, nel processo in cui è chiamato in causa, in contumacia, il Ministero dell’Interno, con il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso.
“Noi …abbiamo ascoltato le parole chiare della teste Susanna Lima che ha dichiarato di essere stata riconosciuta familiare di vittima di mafia in forza della legge nazionale…ma non sappiamo – commenta l’avvocato Enza Rando, presa visione della sentenza – se la somma a titolo di risarcimento danni è stata realmente corrisposta e se Susanna Lima abbia fatto richiesta di ottenere anche i benefici derivanti dallo status di familiare di vittima delle mafie – secondo la legge 302 del 1990. Chiediamo, in ogni caso, che venga fatta chiarezza da parte del Ministero dell’Interno nel nome di tutti quei familiari che in questi anni hanno lottato e continuano a lottare per avere verità e giustizia e per vedere riconosciuti i diritti dei familiari di vittime innocenti della criminalità organizzata”.
Clicca qui per ascoltare l’udienza integrale su Radio Radicale
http://www.radioradicale.it/swf/fp/flowplayer-3.2.7.swf?
http://www.radioradicale.it/swf/fp/flowplayer-3.2.7.swf?
Susanna Lima è figlia del politico siciliano Salvo Lima, ucciso da cosa nostra nel marzo del 1992. Un delitto “eccellente” che aprì la stagione delle stragi palermitane di Falcone e Borsellino. Perché non era un politico qualunque: nel 1958 Lima era stato infatti eletto sindaco di Palermo, avendo come assessore ai lavori pubblici Vito Ciancimino : durante il periodo della giunta comunale del sindaco Lima, delle 4.000 licenze edilizie rilasciate, 1600 figurarono intestate a tre prestanome, che non avevano nulla a che fare con l’edilizia; vennero apportate numerose modifiche al piano regolatore di Palermo che permisero a numerosi costruttori di edificare comprando terreni a noti mafiosi, ad altre ditte direttamente legate a boss mafiosi di ottenere in una settimana licenze per costruire palazzi e sventrare Palermo, violando il Piano Regolatore. Nel 1962 Lima divenne segretario provinciale della Democrazia Cristiana di Palermo fino al 1963 e poi dal 1965 al 1966 venne rieletto sindaco di Palermo. Nel 1968 Lima venne eletto alla Camera dei deputati ed abbandonò la corrente fanfaniana passando a quella andreottiana: grazie al contributo elettorale di Lima, la corrente andreottiana riuscirà ad ottenere rilievo nazionale. Sottosegretario diverse volte nel 1979 Lima venne eletto al Parlamento europeo, venendo riconfermato per altre due legislature. E in quegli anni rafforzò la sua presenza in Sicilia diventando potente proconsole di Andreotti, per tutti gli anni 80’.
Sentenze, dichiarazioni di collaboratori di giustizia, analisi di storici e ricercatori, hanno spiegato che l’omicidio di Salvo Lima, fu direttamente voluto dalla mafia, dai corleonesi di Totò Riina, per lanciare un segnale ai propri riferimenti politici, in particolare a quella parte della Democrazia cristiana legata a Giulio Andreotti, accusata di non esser riuscita ad impedire la sentenza definitiva in Cassazione del maxi processo voluto da Falcone e Borsellino, definitivamente convalidato dalle Sezioni Riunite della Cassazione pochi mesi prima del delitto Lima, cioè il 30 gennaio del 1992. E molti atti processuali, così come le dichiarazioni dei pentiti nei processi palermitani, hanno accertato la vicinanza di Salvo Lima ai boss mafiosi, per i quali, hanno scritto i magistrati, era stato garante del rapporto fiduciario con i politici democristiani. Nella sentenza di primo grado del processo a carico di Andreotti (pronunciata il 23 ottobre del 1999), la Corte dichiarò infatti che «…dagli elementi di prova acquisiti si desume che già prima di aderire alla corrente andreottiana, l’on. Lima aveva instaurato un rapporto di stabile collaborazione con Cosa Nostra”. Un delitto mafioso , anche se eccellente: autori e vittima di stampo mafioso
«Ci chiediamo come sia possibile che alla famiglia Lima sia stata riconosciuto lo status di vittima di mafie, visto l’estremo rigore dei criteri della legge nazionale – scrivono in una nota al termine dell’udienza, l’associazione Libera e il Centro Studi Pio La Torre, parti civili nel processo. «Una rigidità – sottolineano – che ha portato all’esclusione di questo riconoscimento per diversi familiari di vittime di criminalità organizzata. Quando e da chi è stata assunta questa decisione e quali criteri sono stati seguiti nella valutazione?». Un paio d’ore e arriverà la smentita del suo avvocato, Carlo Lo Monaco, che è anche il marito della donna: la mia assistita ha frainteso la domanda, non gode dei benefici previsti per i familiari di vittime delle mafie – aveva scritto in una nota.
Ma il capitolo non è chiuso, tutt’altro. Perché Susanna Lima di fronte ad una domanda così chiara, “fraintende” e risponde il falso, sotto giuramento? In realtà, documenti alla mano, la donna non equivoca; anzi. Aveva risposto positivamente alla luce della sentenza n. 4143 del 25 ottobre del 2006, emessa dalla terza sezione civile del tribunale di Palermo. Il giudice aveva, infatti, condannato i mafiosi responsabili dell’omicidio del padre a risarcire la figlia, Susanna Lima i danni patrimoniali, morali e biologici subìti a causa del delitto, nel processo in cui è chiamato in causa, in contumacia, il Ministero dell’Interno, con il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso.
“Noi …abbiamo ascoltato le parole chiare della teste Susanna Lima che ha dichiarato di essere stata riconosciuta familiare di vittima di mafia in forza della legge nazionale…ma non sappiamo – commenta l’avvocato Enza Rando, presa visione della sentenza – se la somma a titolo di risarcimento danni è stata realmente corrisposta e se Susanna Lima abbia fatto richiesta di ottenere anche i benefici derivanti dallo status di familiare di vittima delle mafie – secondo la legge 302 del 1990. Chiediamo, in ogni caso, che venga fatta chiarezza da parte del Ministero dell’Interno nel nome di tutti quei familiari che in questi anni hanno lottato e continuano a lottare per avere verità e giustizia e per vedere riconosciuti i diritti dei familiari di vittime innocenti della criminalità organizzata”.
Nessun commento:
Posta un commento