Ho sempre detto ai miei figli di costituirsi altrimenti lo Stato si accanisce»
Antonino Pesce è considerato il capo dell'omonimo clan e sta scontando, al 41 bis, una pena definitiva all'ergastolo per omicidio. Davanti ai giudici del tribunale di Palmi ha preso posizione sul ruolo della sua famiglia. Il figlio Giuseppe è ancora latitante
REGGIO CALABRIA - «La cosca Pesce non esiste. Ai miei figli ho sempre detto di costituirsi, perchè altrimenti lo Stato si accanisce». A dirlo è stato oggi Antonino Pesce, nel corso del processo davanti ai giudici del Tribunale di Palmi contro i presunti capi ed affiliati alla cosca. Pesce, detenuto al 41 bis dove sta scontando una condanna definitiva all’ergastolo per omicidio, è imputato per associazione mafiosa perchè ritenuto il capo dell’omonima cosca. Dei due figli di Antonino, Francesco e Giuseppe, uno, Giuseppe, è ancora latitante. Antonino Pesce ha chiesto di essere sentito ed ha risposto alle domande dei difensori e dei giudici del tribunale dal momento che i pm Alessandra Cerreti e Giulia Pantano, hanno rinunciato all’esame. L’imputato ha sostenuto che dal momento dell’arresto non ha più fatto niente e che nel corso dei colloqui in carcere con parenti e figli intercettati dagli investigatori e che secondo l’accusa testimoniano come ancora continuasse a gestire gli affari della famiglia, parlava solo di questioni familiari e di niente altro. Successivamente, è stato interrogato l’ex carabiniere Carmelo Luciano, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
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