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martedì 7 febbraio 2012
Ergastolo al killer del tatuatore uccise con il via libera del boss
NAPOLI - Ergastolo per aver consumato un omicidio in nome e per conto del boss degli scissionisti Cesare Pagano. È la sentenza della terza corte d’assise - presidente Achille Scura - a carico di Vincenzo Russo, imputato per l’omicidio di Gianluca Cimminiello.
Un delitto con il nulla osta della camorra, al termine di una lite scoppiata per banali gelosie professionali tra artigiani del tatuaggio. La storia è nota e risale ai primi mesi del 2010: Cimminiello pubblica sul proprio profilo facebook una foto che lo ritrae accanto al calciatore del Napoli Ezequiel Lavezzi, «famoso» anche per la passione dei tatuaggi. Una foto che non piace a un altro tatuatore, scoppia una lite: in tre vanno nel negozio di Cimminiello a dargli una lezione. Uno scontro fisico, nel quale è Cimminiello ad avere la meglio, forte della propria esperienza di istruttore di arti marziali. Un ulteriore affronto per chi si atteggia a boss, secondo quanto hanno ricostruito gli inquirenti anche grazie al racconto dei pentiti Esposito e Cerrato.
L’epilogo è di quelli scontati: Cimminiello viene raggiunto nel proprio negozio dai killer, ucciso davanti alla propria fidanzata. La Procura punta i riflettori su Vincenzo Russo: per lui, il pm Gloria Sanseverino chiede e ottiene l’ergastolo. Decisiva la testimonianza della compagna della vittima, che da quel due febbraio del 2010 ha accettato su di sé la responsabilità di chi punta l’indice contro la violenza di matrice camorristica: vive in località protetta, nel corso del processo è stata ascoltata da un sito riservato in videoconferenza.
Poche parole, ma essenziali. Ha ricostruito la storia del tatuaggio, le incomprensioni tra colleghi, la rabbia per quella foto postata in Internet. Poi, il primo litigio finito male per gli aggressori e la decisione di alzare il tiro e di usare armi da fuoco. C’è un particolare messo agli atti del processo, il riconoscimento dell’imputato da parte del testimone: «Eccolo, è lui, lo riconosco. Questo è quello che ha ingaggiato una lite con Gianluca. L’ho visto subire la reazione di Gianluca, fino a quando ha preso a urlare, nel corso della zuffa, “fermati perché sono uomo di Cesarino”».
Leandro Del Gaudio
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