mercoledì 25 aprile 2012

La ragazza al citofono tradì la latitanza di Zagaria

«Papà, rispondi a zio Michele»


CASERTA - L’ingenuità di una ragazzina ne ha tradito la presenza. Una parola di troppo, anzi un nome improvvidamente pronunciato a voce alta, ha bruciato la lunghissima latitanza del capo del cartello casalese. Il suo nome, Michele, detto mentre lei parlava con un’amica. È stato per questo, per quel nome sfuggito, che la polizia ha capito che la fine della caccia si avvicinava. E che Michele Zagaria era là, dalle parti di vico Mascagni, nella sua Casapesenna, in un rifugio collegato alla casa del tubista Vincenzo Inquieto attraverso un citofono.

Quella sera - era il primo dicembre del 2011, cinque mesi fa - intorno alle 20,20, la ragazzina aveva ricevuto la telefonata della sua coetanea, probabilmente una compagna di scuola. Stavano parlando e provando a commutare la conversazione in video quando i poliziotti avevano sentito chiaramente, in sottofondo, lo squillo di un citofono. Uno solo, secco. La ragazzina aveva risposto, poi aveva chiamato il padre: «Pronto, chi è? Un secondo...papà, papà.... zio Michele».
Poteva essere davvero un parente con quel nome. Ma gli incroci anagrafici l’hanno escluso categoricamente.

Non c’è nessun Michele nello stato di famiglia, pur dilatato all’inverosimile, di Vincenzo Inquieto e Maria Rosaria Massa, la moglie. L’uomo che la ragazzina considerava uno zio era, in realtà, proprio Michele Zagaria. Con il quale, probabilmente, ha convissuto per tempi lunghissimi e con il quale ha avuto rapporti di frequentazione non occasionali, alla luce del sole - almeno della luce delle case-rifugio del boss - e per un arco temporale molto lungo, tale da giustificare l’estrema familiarità e la confidenza. Per lei, dunque, Zagaria non era (non era mai stato) un ospite ingombrante, imbarazzante, pericoloso. Ma qualcosa di più di un amico di famiglia, quasi un parente stretto. Uno zio, appunto.

Sei giorni dopo, il 7 dicembre, finiva l’incredibile fuga dell’uomo che era riuscito ad arrivare ai vertici del clan camorristico più potente d’Italia. Il citofono era, con ogni probabilità, quello che collegava il bunker sotterraneo di vico Mascagni con i piani superiori della casa. Oppure l’altro, quello installato in via Alcide De Gasperi, a 367 metri di distanza, una sorta di centrale di smistamento delle comunicazioni tra il capoclan e il resto del mondo. Chi doveva parlare con Michele Zagaria, andava a bussare al deposito di Inquieto e parlava con il boss senza possibilità alcuna di essere intercettato.
La telefonata tra la ragazzina e la sua amica è contenuta nell’informativa finale sulla cattura del capo del cartello casalese, firmata dal capo della Squadra mobile di Napoli, Andrea Curtale, e depositata l’altro giorno dal pm antimafia Catello Maresca nel processo a carico di Vincenzo Inquieto. Processo celebrato con il rito abbreviato dinanzi al gup Tommaso Miranda, che lo ha condannato a quattro anni di reclusione con la confisca della casa in cui è stato arrestato Zagaria.
Nella relazione è ricostruita la successione temporale delle indagini tecniche, con l’attenzione investigativa focalizzata sulla famiglia Inquieto a far data dalla fine di gennaio dell’anno scorso. Attenzione rinnovata, in realtà, perché già nel 2004 - si legge nell’informativa - quel cognome era comparso negli atti del fascicolo sulle ricerche del latitante, a quel tempo non ancora condannato all’ergastolo ma già irreperibile da quasi nove anni. Il 13 gennaio del 2004, dunque, i carabinieri avevano controllato l’abitazione di un fratello di Vincenzo il tubista, Nicola, a San Cipriano d’Aversa. Avevano trovato il padrone di casa, la moglie rumena e Antonio Zagaria. Nicola Inquieto e il fratello del boss avevano cercato di evitare gli investigatori scappando attraverso una botola. Che aveva ospitato, in tempi precedenti, un latitante di cui furono trovate alcune tracce. Annota ancora il vicequestore Curtale: «Inquieto Nicola è costantemente presente in Romania ove curerebbe molti degli interessi del ricercato (Michele Zagaria, ndr) ed avrebbe nella sua disponibilità, in una cittadina vicino a Bucarest, anche una serie di appartamenti che metterebbe a disposizione dello Zagaria quando questi ivi si reca».

Rosaria Capacchione

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