martedì 17 aprile 2012

La moglie del boss uccisa perché aveva l'amante

Duro colpo dello Stato alla 'ndrangheta nel Reggino: la Squadra Mobile di Reggio Calabria ha arrestato 12 affiliati alla cosca Lo Giudice per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, omicidio, occultamento di cadavere e intestazione fittizia di beni. Si è accertata, inoltre, la responsabilità dei destinatari dei provvedimenti in ordine a un omicidio commesso a Reggio Calabria nel 1994.
REGGIO CALABRIA - Colpita la cosca Lo Giudice, dodici arresti e sequestro di beni per un valore complessivo di ben 5 milioni di euro. E' il risultato di un'operazione della Squadra Mobile di Reggio Calabria, rientrante nell'ambito di un’indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia. In tutto emesse 12 le ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti presunti affiliati al clan della 'ndrangheta dei Lo Giudice. Le accuse mosse, naturalmente a vario titolo, agli indagati sono quelle di associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, omicidio e occultamento di cadavere. Le dodici persone coinvolte nell’operazione sono Bruno Stilo, 50 anni, Fortunato Pennestrì, 37, e Vincenzo Lo Giudice, 50, tutti di Reggio Calabria. L’ordinanza di custodia cautelare per la parte delle indagini che riguarda l’aspetto patrimoniale è stata notificata a Domenico Lo Giudice, 44 anni; Giovanni Lo Giudice, 41; Maria Lo Giudice, 21; Giovanna Rosa Turbante, 43; Anna Gatto, 40; Domenica Pennestrì, 39; Antonino Paviglianiti, 24; Bruno Stilo, 50; Antonia Maviglia, 50.
In particolare, le indagini svolte dalla Mobile hanno consentito di accertare il ruolo verticistico degli affiliati alla cosca Lo Giudice e di fare luce su molteplici intestazioni fittizie di beni che sostanzialmente sarebbero riconducibili direttamente o indirettamente alla cosca reggina. Sono state sequestrate numeorse aziende, degli immobili e veicoli tutti riconducibili agli stessi esponenti di vertice della cosca Lo Giudice.

Le indagini hanno consentito anche di accertare la responsabilità degli arrestati per un omicidio deciso e consumato all'interno della consorteria ed eseguito a Reggio Calabria nel 1994. La vicenda in questione è quella relativa ad Angela Costantino, uccisa, secondo quanto ritenuto dagli inquirenti, perché tradì il marito boss. «Fu nell’ambito di un accordo di famiglia all’interno della cosca Lo Giudice che venne decisa l’eliminazione di Angela Costantino, la donna scomparsa il 16 marzo del 1994 a Reggio Calabria, uccisa ed il cui cadavere non è mai stato trovato». Lo ha detto il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Ottavio Sferlazza, nel corso della conferenza stampa sull'arresto di 12 affiliati alla cosca Lo Giudice. «I risultati dell’indagine – ha aggiunto Sferlazza – hanno consentito di fare luce su un orribile omicidio motivato dal fatto che Angela Costantino, moglie di Pietro Lo Giudice e madre di quattro figli, fu punita dalla famiglia Lo Giudice perchè avrebbe avuto una relazione extraconiugale mentre il marito era detenuto. Angela Costantino, secondo quanto è emerso dalle indagini, fu strangolata in casa ed il suo corpo fatto sparire. Fin dall’inizio non convinse l’ipotesi di un allontanamento spontaneo della donna. Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia su questa vicenda si sono riscontrate reciprocamente, soprattutto perchè caratterizzate dall’autonomia e dalla spontaneità, ma anche perchè le loro fonti di informazione si sono dimostrate particolarmente qualificate perchè provenienti dagli stessi protagonisti del gravissimo fatto». Un ruolo importante nell'indagine è stata svolta, quindi, dalle rivelazioni di alcuni pentiti tra cui Maurizio Lo Giudice, fratello del boss Nino, entrambi collaboratori di giustizia, che hanno permesso i tre presunti responsabili dell'omicidio della donna, arrestati nell'ambito dell'operazione della Dda calabrese.

Dell'omicidio di Angela Costantino, il cui cadavere non è mai stato trovato, sono accusati Vincenzo Lo Giudice, 51 anni, fratello di Nino e considerato uno dei capi della cosca; il cognato Bruno Stilo (51) e il nipote Fortunato Pennestrì (38). Angela Costantino era la moglie di Pietro Lo Giudice, 46 anni, figlio di Giuseppe e fratello di Vincenzo e considerato uno dei principali protagonisti della guerra di mafia registratasi a Reggio Calabria tra la metà degli anni '80 e l'inizio degli anni '90. Giuseppe Lo Giudice è stato a sua volta ucciso in un agguato nel 1990. La relazione extraconiugale della donna era quindi una situazione considerata intollerabile dai capi della cosca Lo Giudice che di conseguenza hanno ordinato l'assassinio della donna che tra l'altro era incinta. Due giorni dopo la sua scomparsa a Villa San Giovanni (Reggio Calabria), fu trovata l'automobile (una Fiat Panda).

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