E ricoveri decisi dal boss nella clinica cosentina
L'ex braccio destro del boss di Cassano racconta i retroscena di ciò che le cosche cosentine e vibonesi facevano nella struttura sanitaria: era Andrea Mantella a dare ordini al primario. Un rapporto creato «dandogli soldi e quant’altro»
di GIANLUCA PRESTIA
VIBO VALENTIA - Nella clinica che secondo l'accusa ospitava i "ricoveri "facili" dei boss, si svolsero anche riti di affiliazione alla 'ndrangheta ed era un capocosca a decidere gli spostamenti dei detenuti ricoverati. Tornano quindi i riflettori sulla struttura sanitaria "Villa Verde" di Donnici, a Cosenza: il pentito cosentino Samuele Lovato stamattina ha aggiunto nuovi particolari parlando in aula durante il processo antimafia "Nasty Embassy", in corso dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia.Il collaboratore di giustizia, che in quella clinica è stato ricoverato insieme ad Andrea Mantella, il quarantenne ritenuto fra i principali esponenti della 'ndrangheta vibonese, ha parlato di soldi ai medici per detenzioni nella clinica. Il processo vede imputati Mantella, Salvatore Morelli e Vincenzo Mantella per l'estorsione aggravata dalle modalità mafiose ai danni dell'imprenditore vibonese Domenico Russo. Lovato, ha riferito sui rapporti avuti con Andrea Mantella, ritenuto esponente di primo piano della criminalità vibonese, nel periodo di detenzione presso la struttura cosentina dichiarando che l'imputato «aveva instaurato buon rapporto con il primario Ambrosio e con lo stesso psicologo e, pertanto, si pose nel mezzo affinché venissi trasferito al secondo piano, lasciando così il reparto psichiatrico».
Lovato ha aggiunto di non essere stato l'unico ad essere trasferito per intercessione di Mantella: «Anche Domenico Barillaro e Marco Bevilacqua, quest'ultimo del clan degli zingari, furono spostati». Per far capire quanto fosse influente la figura di Mantella nella clinica lo stesso Barillaro avrebbe detto al pentito «di attendere il ritorno di Andrea», circostanza, questa, confermata «anche da qualche infermiere che a mò di suggerimento me lo diceva a quattrocchi: “Ci parla lui con il primario”. Mantella mi disse che il primario gli riferì che la condizione necessaria per poter essere trasferito di reparto era di non utilizzare più sedia a rotelle della quale facevo uso dopo essere uscito dal 41 bis, periodo in cui ero arrivato a pesare 51 kg. Dopo qualche giorno venni spostato nel suo stesso piano».
E il rapporto con Ambrosio, l'imputato, secondo Lovato, lo aveva creato «dandogli soldi e quant’altro». Poi, sulle patologie sue e dell'imputato ha affermarlo che entrambi «stavamo bene. Ad esempio, Mantella, non è che fosse malato. E gli infermieri sapevano bene che noi ci trovavamo in clinica di passaggio per scontare i domiciliari e che non avevamo patologie. Tutto era tacitamente acconsentito anche perché le malattie erano simulate. Mantella con la schizofrenia e io con la depressione».
Sarebbe stato Mantella a svelare a Lovato (ex "braccio destro" del boss di Cassano Tonino Forastefano) i "trucchi" per simulare malattie capaci di evitare il carcere duro e passare ai "domiciliari" nella clinica dove «ogni giorno - ha dichiarato il pentito - venivano ricevuti gli affiliati in libertà che prendevano ordini sulle attività illecite da compiere all’esterno».
Mantella, a detta del pentito, sarebbe stato in grado di comandare dall’interno della clinica compiendo anche riti di affiliazione alla 'ndrangheta dentro una stanza della struttura sanitaria, con tanto di santini bruciati e lamette con cui far scorrere gocce di sangue necessarie per i giuramenti alla criminalità organizzata. Un commerciante di auto di Vibo, inoltre, pur sottoposto per la Dda ad estorsione, nel 2010 sarebbe stato costretto a recarsi nella clinica a trovare Mantella portandogli dolci.
Nessun commento:
Posta un commento