giovedì 27 febbraio 2014

Coniugi assassinati a Potenza nel 1997 tre uomini arrestati



POTENZA – Tre uomini sono stati arrestati stamani dalla squadra mobile della questura di Potenza perchè ritenuti coinvolti – due in qualità di mandanti, uno come esecutore – dell’omicidio dei coniugi Giuseppe Gianfredi e Patrizia Santarsiero, di 39 e 32 anni, avvenuto la sera del 29 aprile 1997 nel capoluogo lucano.

Dei tre arrestati, due sono già detenuti, l’altro era libero. Il presunto esecutore del delitto partecipò alla sua preparazione, facendo sopralluoghi per stabilire dove compiere l'omicidio. Gli arresti sono stati disposti dal gip distrettuale, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Potenza, al termine di indagini basate anche sulle dichiarazioni di collaboratori di giustizia. Il duplice delitto dei coniugi Santarsiero – uccisi con colpi di fucile e pistola mentre stavano parcheggiando la loro auto nei pressi di casa e mentre sul sedile posteriore vi erano due dei loro tre figli, di dieci e otto anni, rimasti illesi – fu una sorta di "atto dimostrativo" di un clan mafioso nei confronti di un gruppo rivale, per affermare la sua supremazia sul territorio e lanciare un segnale di "avvertimento".

Gli arrestati sono Giovanni Luigi Cosentino, di 59 anni, Saverio Riviezzi (di 50) e Carmine Campanella (51), tutti ritenuti esponenti della criminalità organizzata lucana. Sono ritenuti responsabili del delitto dei coniugi Gianfredi insieme ad altri tre uomini, due dei quali sono collaboratori di giustizia.

La Polizia ha ricostruito il quadro nel quale avvenne l'omicidio che, nel progetto, doveva riguardare solo Giuseppe Gianfredi (la moglie fu uccisa perché era a bordo dell’auto con il marito ma non era l’obiettivo dei sicari, che però non avevano tenuto conto della possibilità della sua presenza).

Gianfredi era considerato l’“eminenza grigia” del clan Martorano, in quel periodo egemone a Potenza: il clan rivale dei “Basilischi” – che allora muoveva i primi passi – decise di eseguire un delitto per affermare la sua presenza e la sua superiorità. Secondo l’accusa, Cosentino – che all’epoca era detenuto – incaricò il suo “luogotenente” Antonio Cossidente di individuare l’obiettivo da colpire e la scelta cadde su Gianfredi. Quest’ultimo era l’unico del “vertice” del clan Martorano ad essere libero: per giunta, i suoi movimenti erano abitudinari, quindi colpirlo era facile. La scelta fu condivisa da Riviezzi, che collaborò ad organizzare l’agguato (Campanella fece sopralluoghi vicino alla casa di Gianfredi).

I sicari furono Claudio Lisanti (che è morto) e Alessandro D’Amato, appartenente al clan “Cassotta” di Melfi (Potenza), che si è accusato del delitto e lo ha descritto agli investigatori in ogni fase. Quella sera a Potenza pioveva, Gianfredi arrivò sotto casa in auto con moglie e due figli, trovò parcheggio, eseguì lentamente la manovra perchè i vetri erano appannati: i killer entrarono in azione con una pistola (D’Amato) e un fucile (Lisanti, che agì più lentamente).
La squadra mobile della questura di Potenza ha trovato riscontri e testimonianze che hanno consolidato le affermazioni fatte dai collaboratori di giustizia Cossidente e D’Amato. In particolare, sono state svolte “attività di riscontro” sull'esecuzione materiale del duplice omicidio, sui rapporti esistenti fra i sicari e i mandanti, definiti “stretti e documentati”.

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