martedì 4 febbraio 2014

Finita la latitanza del broker della droga

Preso dalla polizia dopo nove mesi di ricerche

L'uomo era sfuggito all'arresto nell'ambito dell'operazione "Perseo" contro il clan Giampà di Lamezia Terme. Sarebbe stato lui a rifornire la cosca del catanzarese di sostanze stupefacenti e armi. L'uomo è stato rintracciato dalla squadre mobili di Catanzaro e Vibo
 


LIMBADI (VV) - E’ finita dopo sette mesi la latitanza del broker della droga Salvatore Ascone, 48 anni, di Limbadi (Vibo Valentia). Ascone era latitante dallo scorso mese di luglio, quando sfuggì nel corso dell’operazione “Perseo” contro il clan Giampà di Lamezia Terme (LEGGI L'ARTICOLO DELL'OPERAZIONE).
L’arresto è stato effettuato nel corso di un’operazione congiunta delle squadre Mobili di Catanzaro e Vibo Valentia. Secondo l’accusa, l’uomo avrebbe fornito alla cosca lametina ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti e armi. Ascone è stato individuato grazie ad una meticolosa ed impegnativa cinturazione di una vasta zona del comune di Limbadi, da parte degli uomini delle Squadre Mobili di Vibo Valentia e Catanzaro. La polizia lo ha così scovato in una delle pertinenze alle diverse proprietà immobiliari, nella disponibilità dei suoi familiari.

Ascone, secondo l'accusa, avrebbe rifornito per anni di stupefacenti le cosche Giampà e Cappello di Lamezia Terme. In particolare, stando alle accuse mosse dalla Dda di Catanzaro nell’ambito dell’operazione antimafia denominata "Perseo", Salvatore Ascone avrebbe venduto, dall’estate del 2005 a tutto il 2010, 25 chili di cocaina a Giuseppe Giampà di Lamezia Terme, dal 2012 collaboratore di giustizia ed all’epoca dei fatti ritenuto al vertice del "gruppo armato" dell’omonimo clan lametino guidato dal padre Francesco, detto "Il Professore", detenuto da anni.
Nel periodo di detenzione a Bologna di Giuseppe Giampà, un altro chilo di cocaina sarebbe stato ceduto, fra il febbraio del 2007 ed il marzo del 2008, dal vibonese Salvatore Ascone (ritenuto vicino ai Mancuso di Limbadi) a Saverio Cappello, attuale collaboratore di giustizia insieme al padre Rosario. I Cappello, detti "I Montagnari", all’epoca erano ritenuti i boss della frazione Bella di Lamezia Terme, zona collinare a Nord della città, divenuti in seguito alleati del clan Giampà che "controllava" invece la zona di Nicastro. Lo stupefacente sarebbe stato poi ceduto dai Giampà e dai Cappello a singoli spacciatori alle loro dipendenze che l’avrebbero venduto sulla "piazza" lametina.

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