di C. G.
Catania: l'ispettore Antonio Massimiliano Calvagna, avrebbe intascato denaro extra sulle tariffe di un autonoleggio che gestiva
CATANIA - Da uomo di legge ad estortore. Un passo purtroppo breve per Antonio Massimiliano Calvagna, 46 anni, fino all'altro ieri ispettore capo in servizio nell'Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico della Questura e ora in carcere. Contro di lui, accuse pesantissime ipotizzate dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catania: estorsione in concorso aggravata dal metodo mafioso, minacce, lesioni personali, accesso abusivo a sistema informatico. Calvagna è stato arrestato dai carabinieri del Reparto operativo che hanno eseguito sei ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse al gip su richiesta della Procura distrettuale.
Al centro dell'inchiesta l'attività che ruotava attorno ad una ditta di noleggio autovetture la «S. M. Rent a Car», in via Plaia a Catania, intestata al padre del poliziotto infedele ma gestita da lui. Secondo le accuse, Calvagna al termine del periodo di noleggio avrebbe preteso dai clienti che affittavano le macchine un sovrapprezzo sulle tariffe e, di fronte alle loro proteste, li avrebbe minacciati di violenze fisiche e di lesioni personali con l'aiuto più che «convincente» di Carmelo Simone Tabita e Riccardo Pusillico, due dipendenti dell'autonoleggio anche loro raggiunti dall'ordinanza di custodia cautelare. Tra le minacce, si ipotizza vi sia stata anche quella di fare arrestare ingiustamente le vittime dopo aver fatto ritrovare delle bustine di droga nelle auto che avevano in uso. Tra gli personaggi raggiunti dal provvedimento restrittivo c'è anche Carmelo Lo Giudice (già detenuto a San Cataldo) zio paterno di Sebastiano «Iano» Lo Giudice ritenuto responsabile del clan mafioso Cappello Carateddi. Secondo le indagini, Carmelo Lo Giudice avrebbe commesso i fatti che gli vengono contestati in occasione di un permesso premio di tre giorni a Catania.
In manette anche Denis Lo Giudice e Attilio Bellia. Anche quest'ultimo già condannato definitivamente per associazione mafiosa, detenzione di armi ed evasione, considerato uomo del clan Santapaola, al momento in cui avrebbe commesso i fatti contestatigli era sottoposto agli arresti domiciliari (per altra causa). Calvagna, secondo quanto accertato al momento dai carabinieri, sarebbe stato in strettissimi rapporti con Carmelo Lo Giudice e Attilio Bellia, i quali sarebbero intervenuti in suo favore, contro le vittime, con tutto il «peso» della loro capacità di intimidazione mafiosa. L'ispettore Calvagna, inoltre, per capire fin dove poteva spingersi nelle richieste estorsive avrebbe fatto uso e consumo "personalissimo" degli archivi delle forze dell'ordine. Di qui anche l'accusa di accesso abusivo a sistema informatico, aggravato dall'aver agito con abuso di poteri e violazione dei doveri inerenti la sua funzione. In sostanza, prima di chiedere denaro, si sarebbe accertato chi fossero i clienti, evitando così di «pestare i piedi» a qualche esponente della criminalità.
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