sabato 15 dicembre 2012

«Paga o ti brucio vivo»


I Casalesi colonizzano il nord il boss e le sue donne gestivano


di Rosaria Capacchione
Rimini era la capitale del suo regno. San Marino la sede legale della sua banca. Due società specializzate nel recupero crediti il legame con Fincapital e con i clan più intraprendenti e ricchi della Campania. Lui è Francesco Vallefuoco, fino al 2010 un «normale» imprenditore sbarcato in Emilia Romagna: pieno di soldi e di donne, moglie al seguito e socia in affari, amante impegnata nelle sue stesse attività, collegamenti con la politica (campana) e i trafficanti d’influenze della repubblica del Titano.

Tanto potente, Vallefuoco, da riuscire - era il 2008 - a imporre il suo pane alle mense scolastiche di San Marino. Prezzi bassi e infima qualità: fu così che l’appalto fu revocato e su di lui si accesero i riflettori delle procure di mezza Italia.


I rapporti tra il panificio Vallefuoco, i cui titolari sono originari di Sant’Antimo e Afragola, e la repubblica di San Marino sono stati lungamente esplorati sia dalla Dda di Napoli, sia da quella di Bologna, che ieri ha chiuso la terza tranche dell’inchiesta soprannominata «Vulcano».

Un’indagine affidata ai carabinieri del Ros che hanno ulteriormente approfondito il ruolo della Ises, la ditta specializzata in crediti, affiliata a Fincapital, società finanziaria specializzata negli investimenti immobiliari, commissariata però alla fine di due anni fa. Diciotto le persone arrestate, accusate a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, usura e tentato sequestro di persona a scopo di estorsione, reati aggravati dal metodo mafioso.

Un blitz che ha interessato le province di Rimini, Prato (dove è stato arrestato Vallefuoco), Napoli e Caserta. Episodio centrale dell’ordinanza di ieri è il tentativo di sequestro (risalente al febbraio del 2009) di un ristoratore di Rolo, in provincia di Reggio Emilia. Rapimento affidato all’esecuzione di tre napoletani ma commissionato da Francesco Vallefuoco. Se il tentativo non riuscì fu solo perché il fratello della vittima e alcuni camerieri del ristorante riuscirono a mettere in fuga i tre uomini.


Negli atti dell’inchiesta una cinquantina di episodi di intimidazione e di violenze, e le drammatiche testimonianze di quanti erano finiti nell’elenco clienti della Ises. Nell’estate del 2008, un commerciante di abbigliamento del riminese che non aveva pagato i fortissimi interessi usurari richiesti dal gruppo, venne portato in un garage, cosparso di benzina con la minaccia di dargli fuoco.

Altri imprenditori per sottrarsi alle vessazioni sono arrivati a meditare il suicidio, in un caso a tentarlo. Altri hanno abbandonato l’attività cambiando regione. L’attività estorsiva del gruppo Vallefuoco godeva di una sorta di copertura legale offerta dalla Ises srl e dalla Ises Italia srl, aperte nel 2008. Il gettito dei proventi illegali - reinvestiti grazie a una rete di commercialisti, notai, avvocati, broker finanziari - veniva costantemente alimentato mediante collaudati meccanismi che prevedevano, da un lato, il recupero con ogni mezzo delle somme di denaro dovute dai numerosi debitori (accresciute in modo ingiustificato rispetto al debito originario), dall’altro l'esborso di consistenti compensi da parte dei creditori-committenti (oscillanti tra il 25% e il 50% dell'ammontare complessivo del debito recuperato).


Disubbidire era praticamente impossibile. Del gruppo Vallefuoco, solidamente nelle mani dei familiari (con la moglie e l’ex amante, tutti arrestati ieri), facevano parte anche uomini del clan dei Casalesi.

Lucia, la donna del capoclan, leggi

Per la precisione, della famiglia Schiavone che in Emilia Romagna può contare, da almeno vent’anni, su una solidissima colonia. Tra i destinatari della misura cautelare ci sono, infatti, anche Sigismondo Di Puorto e Francesco Di Tella. A margine, il Ros ha documentato anche il progetto di omicidio ai danni di Francesco Vallefuoco da parte di affiliati a clan Mariniello di Acerra; progetto accantonato in seguito alla mediazione dei Sacco di San Pietro a Patierno. La genesi del contrasto era, manco a dirlo, una questione di soldi risolta con il riconoscimento agli avversari di una percentuale del 5/10 per cento dei suoi introiti.

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