Relazione Dna, la mafia agrigentina ai vertici di Cosa Nostra
Presentata a
Roma la relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia, riguardante le
attività svolte dal Procuratore nazionale antimafia e dalla Direzione nazionale
antimafia e le dinamiche e le strategie della criminalità organizzata di tipo
mafioso nel periodo dall’1° luglio 2011 al 30 giugno 2012. Nel documento la
mafia agrigentina viene descritta come un’organizzazione criminale che negli
ultimi anni ha conquistato un posto di grande rilievo, sia in ambito regionale,
che nel quadro dei rapporti con gli apparati mafiosi negli Stati Uniti e in
Canada. L’operazione “Nuova cupola” che ha disegnato la nuova mappa dei
mandamenti di Cosa nostra in provincia di Agrigento ha permesso di accertare
come le cosche siano ancora oggi saldamente radicate nel territorio.
QUESTO IL TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DELLA DNA 1°
LUGLIO 2011 al 30 GIUGNO 2012.
Agrigento le
attività investigative e gli esiti giudiziari registrati nel periodo di
riferimento indicano che sono del tutto immutate le logiche e le dinamiche
operative dell’associazione Cosa nostra, confermando inoltre che la sua
presenza nel territorio agrigentino è sempre massiccia ed invasiva. Anche in
detto territorio tale presenza si manifesta attraverso la gestione
monopolistica delle attività criminali tipiche dell’associazione, tutte
finalizzate all’accumulo della ricchezza (pur modesta nelle aree di
riferimento) ed al controllo del territorio. Le estorsioni nei confronti di
operatori economici e commerciali e la sistematica pratica della occupazione
imprenditoriale in tutti i settori delle opere costituiscono ancora il sistema
più diretto e remunerativo per garantire ai co associati ed all’intera
organizzazione il raggiungimento degli scopi criminali tipici.
La struttura
“ordinamentale” dell’organizzazione è rimasta immutata in tutto il territorio
della provincia di Agrigento, che ancora oggi risulta diviso in mandamenti, a
loro volta suddivisi in articolazioni territoriali composte dalle singole
famiglie generalmente aventi sede in ciascun paese. Su tale argomento il
collaboratore di giustizia Maurizio Di Gati (le cui propalazioni risalgono al
2006) ha precisato che l’assetto e la composizione dei mandamenti della
provincia sono mutate a seguito degli arresti in flagranza operati il 14 luglio
2002, dei capi mandamento riuniti per l’elezione dello stesso Di Gati a capo
della provincia (cd. operazione Cupola). In quanto dopo gli arresti la
provincia venne organizzata e diretta da Giuseppe Falsone di recente arrestato
in Francia dopo un non breve periodo di latitanza.
I MANDAMENTI
Prima degli arresti di cui alla c.d. operazione Cupola i mandamenti dell’ agrigentino erano nove ed erano: – mandamento di Casteltermini comprendente i centri di Casteltermini, San Biagio Platani, Cammarata, San Giovanni Gemini; mandamento di Santa Elisabetta comprendente i centri di Aragona, Santa Elisabetta, Sant’Angelo Muxaro, Raffadali e Joppolo Giancaxio; al confine tra le province di Palermo e Trapani vi è il mandamento di Sambuca di Sicilia comprendente le famiglie di Sambuca di Sicilia, Montevago, Santa Margherita Belice, Menfi, Caltabellotta e Lucca Sicula; mandamento a Burgio con “giurisdizione” anche su Ribera, Villafranca Sicula, Montallegro e Cattolica Eraclea; Sciacca era mandamento a sé ed il referente locale per Cosa nostra era Carmelo Bono; acquisizioni successive (le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Rizzuto Giuseppe), hanno fatto emergere come il mandamento di Sciacca abbia ora il proprio epicentro in Sambuca di Sicilia, senza però mutamenti della composizione interna; mandamento di Siculiana comprendente le famiglie di Siculiana, Porto Empedocle, Realmonte, Agrigento città e le borgate di Giardina Gallotti e Fontanelle; mandamento di Favara comprendente le famiglie di Favara, Comitini, Racalmuto, Grotte e Naro; con riferimento alla zona della Quisquina il mandamento fa capo a S. Stefano Quisquina e comprende Alessandria della Rocca, Bivona e Cianciana; mandamento di Canicattì comprendente Canicattì, Campobello di Licata, Castrofilippo, Ravanusa e Licata; i centri di Palma di Montechiaro e Camastra sono ancora oggi retti da esponenti della Stidda rispetto ai quali Cosa nostra ha fatto più tentativi di incremento del proprio potere senza però riuscirvi.
I MANDAMENTI
Prima degli arresti di cui alla c.d. operazione Cupola i mandamenti dell’ agrigentino erano nove ed erano: – mandamento di Casteltermini comprendente i centri di Casteltermini, San Biagio Platani, Cammarata, San Giovanni Gemini; mandamento di Santa Elisabetta comprendente i centri di Aragona, Santa Elisabetta, Sant’Angelo Muxaro, Raffadali e Joppolo Giancaxio; al confine tra le province di Palermo e Trapani vi è il mandamento di Sambuca di Sicilia comprendente le famiglie di Sambuca di Sicilia, Montevago, Santa Margherita Belice, Menfi, Caltabellotta e Lucca Sicula; mandamento a Burgio con “giurisdizione” anche su Ribera, Villafranca Sicula, Montallegro e Cattolica Eraclea; Sciacca era mandamento a sé ed il referente locale per Cosa nostra era Carmelo Bono; acquisizioni successive (le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Rizzuto Giuseppe), hanno fatto emergere come il mandamento di Sciacca abbia ora il proprio epicentro in Sambuca di Sicilia, senza però mutamenti della composizione interna; mandamento di Siculiana comprendente le famiglie di Siculiana, Porto Empedocle, Realmonte, Agrigento città e le borgate di Giardina Gallotti e Fontanelle; mandamento di Favara comprendente le famiglie di Favara, Comitini, Racalmuto, Grotte e Naro; con riferimento alla zona della Quisquina il mandamento fa capo a S. Stefano Quisquina e comprende Alessandria della Rocca, Bivona e Cianciana; mandamento di Canicattì comprendente Canicattì, Campobello di Licata, Castrofilippo, Ravanusa e Licata; i centri di Palma di Montechiaro e Camastra sono ancora oggi retti da esponenti della Stidda rispetto ai quali Cosa nostra ha fatto più tentativi di incremento del proprio potere senza però riuscirvi.
Dopo
l’operazione cd. Cupola le aree geografiche sono in parte mutate per volere del
nuovo capo della provincia Giuseppe Falsone. Il mandamento di Siculiana è stato
sostituito da quello di Porto Empedocle poiché il capo mandamento era divenuto
Gerlandino Messina il quale, oltre ad essere vice rappresentante provinciale,
era stato designato anche come capo della famiglia di Porto Empedocle. Le
famiglie una volta facenti parte del mandamento di Siculiana sono transitate
tutte in quello di Porto Empedocle ad eccezione della famiglia di Agrigento. La
città di Agrigento è divenuta mandamento a sé stante in ragione della presa di
potere di Calogero Lombardozzi che Falsone nominò anche quale consigliere di
Provincia. Risulta ancora la creazione di un nuovo mandamento costituito dalle
famiglie di Racalmuto, Grotte e Comitini all’epoca capeggiato da Di Gati che in
tal modo era stato “risarcito” per il fatto di avere rinunciato alla pretesa di
rimanere capo della provincia agrigentina in favore del Falsone.
A seguito
dell’arresto del Di Gati e della sua decisione di collaborare con la giustizia
non è dato sapere se il mandamento sia stato mantenuto con correlativa nomina
di un nuovo reggente, ovvero se tali centri siano stati riassorbiti dal
mandamento di Favara. Quanto alla struttura mafiosa del paese di Favara,
occorre evidenziare che presenta talune peculiarità che la rendono diversa
rispetto alle altre famiglie mafiose dell’agrigentino. Invero sempre Favara ha
avuto la peculiarità dell’esistenza, accanto alla locale famiglia mafiosa Cosa
nostra, di singoli aggregati composti da soggetti di varia estrazione (in
genere non formalmente inseriti in Cosa nostra pur se con qualche eccezione).
Sulla base delle acquisizioni provenienti da dichiarazioni di collaboratori di
giustizia degli anni novanta e delle indagini di P.G. tali aggregati di persone
erano conosciuti come “paracchi”. Il Di Gati, che ben conosce la situazione di
Favara dove era supportato da alcuni uomini d’onore a lui strettamente legati
(tanto da trascorrervi parte della sua latitanza), ha definito queste
aggregazioni col termine di “famigliedde”.
Quanto poi
alle altre singole famiglie mafiose della provincia, premesso che dopo il
sanguinoso scontro degli anni novanta con le organizzazioni mafiose emergenti
(cosiddette stidde) Cosa nostra ha ormai ripreso il controllo delle attività
delittuose su quasi tutto il territorio della provincia di Agrigento, le
indagini svolte hanno consentito di verificare come frange della stidda ancora
esistenti o comunque piccole organizzazioni criminali, siano dedite al traffico
di stupefacenti ed alla commissione di rapine che vengono tollerate dall’ organizzazione
cosa nostra e svolte del tutto autonomamente dalla stessa. Sul fronte del
contrasto giudiziario al fenomeno, come sopra descritto, si devono registrare
in particolare due eventi: l’arresto dei due maggiori latitanti della provincia
Giuseppe Falsone e Gerlandino Messina, rispettivamente in data 25 giugno 2010 e
23 ottobre 2010. Il primo è stato catturato dalla polizia di Stato all’estero,
nella città di Marsiglia ed il secondo dai Carabinieri nel paese di Favara. Lo
sviluppo successivo delle attività investigative ha fatto emergere lo
spostamento dell’asse di comando dell’intera compagine provinciale della mafia
agrigentina, su altri soggetti in via di identificazione. Il fatto che a tali
importanti catture non sia seguito alcun fatto eclatante e dunque certamente
non si è aperta una guerra di successione, rende plausibile l’ipotesi che
personaggi allo stato ignoti abbiano assunto ruoli di vertice all’interno della
Cosa nostra agrigentina in sostituzione dei due latitanti arrestati.
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