Batosta nel processo di Milano sui rapporti con la 'ndrangheta
L'inchiesta ruota sui rapporti tra "zona grigia" e criminalità organizzata. Per il giudice, ora sospeso, pena di 4 anni e 7 mesi, il doppio per il politico del Pdl, 8 anni e 4 mesi. Alcuni degli imputati dovranno versare un milione e 400 mila euro al comune di Milano che si era costituito parte civile
IL giudice, ora sospeso dal Csm, Vincenzo Giuseppe Giglio, è stato condannato alla pena di 4 anni e 7 mesi di carcere nel processo milanese sulla cosiddetta 'zona grigia' della 'ndrangheta. Insieme a lui, è stato condannato a 8 anni e 4 mesi il consigliere regionale calabrese del Pdl, Francesco Morelli. Inoltre, i giudici, presieduti da Luisa Ponti, hanno anche stabilito che alcuni degli imputati dovranno versare un milione e 400 mila euro al comune di Milano che si era costituito parte civile per i danni patrimoniali e non patrimoniali.
omplessivamente l’ottava sezione del Tribunale di Milano ha inflitto nove condanne tra i tre anni e i tre mesi e i sedici anni di carcere. La pena più alta è toccata al boss Giulio Lampada (16). A nove anni e sei mesi è stato condannato Leonardo Valle, a tre anni e tre mesi Maria Valle, a otto il medico Vincenzo Giglio (quasi omonimo del giudice), a quattro anni e sei mesi Francesco Lampada. Assolti tre dei 4 militari della Gdf coinvolti nell’inchiesta. Sia il consigliere Morelli che il giudice Giglio, all’epoca presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, erano stati arrestati nel novembre 2011 nell’operazione della Dda di Milano coordinata da Ilda Boccassini contro la cosca Valle-Lampada infiltrata in Lombardia anche grazie ad appoggi nella cosiddetta 'zona grigia'. Morelli era accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione, mentre Giglio rispondeva di corruzione, rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento aggravato dalla presunta agevolazione del clan.
I giudici dell’ottava sezione penale di Milano (presidente del collegio Luisa Ponti) hanno disposto anche l’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici per Vincenzo Giuseppe Giglio, l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria che venne arrestato (e poi sospeso dal Csm) nel novembre 2011, con le accuse di corruzione, rivelazione del segreto d’ufficio e favoreggiamento aggravato per avere agevolato l’attività del clan Valle-Lampada. Per il consigliere calabrese Morelli, anche lui arrestato nel novembre 2011 con le accuse di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione e rivelazione del segreto d’ufficio, i giudici hanno disposto l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
LE DIFESE. «A Milano c'è un clima da caccia allo 'ndranghetista». Lo denunciano alcuni difensori dopo la condanna nei confronti di nove imputati, presunti affiliati al clan Valle-Lampada. «Sono basito. È una condanna incomprensibile, forse ho letto altre carte rispetto ai giudici, ho fatto un sacco di processi ma questa condanna non la comprendo». Sono le parole di Ivano Chiesa, legale di Francesco Lampada e Maria Valle, secondo il quale c'è una situazione ambientale difficile a Milano in processi di questo tipo. Un pensiero condiviso anche dal collega Manlio Morcella, il quale ribadisce la necessità «di garantire e rispettare il contraddittorio nel processo». «Non esiste il clan Valle-Lampada – afferma – non esiste un’associazione mafiosa senza un morto, senza spargimento di sangue, senza intimidazioni». Netto il commento di Giuseppe Nardo, difensore di Giulio Lampada condannato a 16 anni di carcere. «Inaspettato, inspiegabile e inaccettabile. Spero che in corte d’appello ci sia qualcuno che ascolti e abbia voglia di ascoltare le ragioni di Giulio Lampada che non è un mafioso».
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