martedì 16 giugno 2009

Mafia:scoperta rete che copriva boss Messina Denaro, arresti


Mafia:scoperta rete che copriva boss Messina Denaro, arresti

TRAPANI - Favorivano i contatti fra il boss latitante trapanese, Matteo Messina Denaro, e alcuni esponenti di vertice di Cosa nostra palermitana, fornendogli pure falsi documenti

Per l'accusa sono i componenti di una fitta rete di favoreggiatori che da anni copre il capomafia di Trapani, accusato di omicidi e stragi, ricercato da 16 anni, che avrebbe coperture anche a Roma. Per questi fatti gli agenti del Servizio centrale operativo (Sco) e delle Squadre mobili di Trapani e Palermo hanno eseguito 13 ordini di custodia cautelare in carcere emesse dal gip del tribunale di Palermo.

I provvedimenti sono stati richiesti dal procuratore aggiunto Teresa Principato e dai sostituti della Dda, Paolo Guido, Roberto Scarpinato e Sara Micucci, e sono stati eseguiti nelle province di Trapani, Palermo, Roma e Piacenza. Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, traffico di stupefacenti e trasferimento fraudolento di societa' e valori. Vengono colpiti i mandamenti mafiosi di Trapani e Castelvetrano, riconducibili a Matteo Messina Denaro. Nell'operazione sono impegnati oltre 300 uomini della polizia di Stato. L'operazione viene denominata ''Golem''.

Nella rete di favoreggiatori che avrebbe coperto la latitanza di Matteo Messina Denaro vi e' anche un cugino del boss trapanese ricercato da 16 anni. Uno dei provvedimenti cautelari dell'operazione ''Golem'' riguarda anche lui. L'uomo, secondo gli inquirenti, avrebbe anche imposto il pagamento di tangenti ad imprenditori. Dall'inchiesta emerge inoltre la scoperta di un traffico di droga tra Roma e il territorio trapanese organizzato dalle famiglie mafiose, i cui componenti agivano in nome e per conto di Messina Denaro. Oltre all'esecuzione dei 13 ordini di custodia cautelare, gli investigatori della polizia di Stato stanno provvedendo anche al sequestro di beni riconducibili all'organizzazione.

I provvedimenti cautelari riguardano: Vito Angelo, di 45 anni, arrestato a Piacenza; Leonardo Bonafede, di 77 anni, di Campobello di Mazara; Giuseppe Bonetto, di 54, imprenditore di Castelvetrano; Lea Cataldo, di 46, di Campobello di Mazara; Salvatore Dell'Aquila, di 48; Leonardo Ferrante, 54 anni; Franco e Giuseppe Indelicato, di 40 e 36; Aldo e Francesco Luppino, di 62 e 53; Giovanni Salvatore Madonia, di 44; Mario Messina Denaro, di 57, imprenditore caseario, cugino del boss latitante Matteo, e Domenico Nardo, di 50, residente a Roma.

PERQUISITE CELLE I boss trapanesi detenuti, molti dei quali sottoposti al carcere duro previsto dal 41 bis, riuscivano a far arrivare all'esterno del carcere messaggi che erano anche diretti al latitante Matteo Messina Denaro. Il particolare emerge dall'inchiesta ''Golem'', che stamani ha portato la polizia di Stato all'esecuzione di 13 ordini di custodia cautelare. Proprio per questo collegamento fra dentro e fuori il carcere, sono in atto perquisizioni in 15 istituti di pena, con la collaborazione del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nei confronti di 37 detenuti trapanesi, che risultano in contatto con gli indagati dell'inchiesta ''Golem''.

Le perquisizioni sono state disposte negli istituti di pena dell'Abruzzo, della Campania, della Calabria e della Sicilia. La polizia di Stato, in collaborazione con gli agenti della polizia penitenziaria, stanno controllando detenuti che sarebbero legati a Matteo Messina Denaro, con i quali si sarebbero scambiati messaggi durante la detenzione. Fra i boss ai quali viene effettuata la perquisizione in cella vi e' Mariano Agate, 70 anni, capo del mandamento mafioso di Mazara del Vallo, detenuto da 15 anni, condannato a diversi ergastoli; Filippo Guttadauro, 58 anni, cognato di Messina Denaro, arrestato nel luglio 2006, indicato nei 'pizzini' che si scambiavano Bernardo Provenzano e Messina Denaro, con il numero '121'. Gli investigatori, durante le prime perquisizioni hanno acquisito diversi elementi importanti, gia' al vaglio degli inquirenti, e per questo motivo stanno valutando la possibilita' di chiedere al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria l'immediato trasferimento di alcuni detenuti in altri istituti di pena.

NELLA RETE ANCHE L'AMBASCIATORE DI MESSINA DENARO Il boss Matteo Messina Denaro non ha mai incontrato personalmente i mafiosi palermitani Sandro e Salvatore Lo Piccolo, agli incontri con loro il capomafia trapanese inviava sempre un suo ''ambasciatore'', Franco Luppino, arrestato stamani dalla polizia nell'operazione ''Golem''. Il latitante, insomma, da quanto emerge dall'inchiesta della Dda di Palermo, non voleva avere contatti diretti con i Lo Piccolo che nel frattempo stavano avanzando su tutta Palermo.

Forse perche' non li riteneva ancora al suo livello nella scala gerarchica di Cosa nostra. Luppino, insieme a Leonardo Bonafede, anche quest'ultimo arrestato stamani, sono elementi di vertice della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, e forse gli uomini di cui Matteo Messina Denaro si fidava maggiormente. Gli indagati, infatti, avrebbero gestito la latitanza del boss, controllando anche gli affari illeciti nel trapanese, mettendo le mani su varie attivita' economiche e su fondi regionali. In questi affari sarebbe stata coinvolta anche la moglie di Luppino, Lea Cataldo, arrestata.

Il boss controllava anche un vasto traffico di droga che arrivava settimanalmente da Roma, gestito da Domenico Nardo, Franco Indelicato e Leonardo Bonafede.(ANSA)

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