di Claudia Procentese
A loro non interessa sapere il nome dell’uomo che è in un lago di sangue sulla rampa di accesso per i disabili. È stato ammazzato proprio all’ingresso dell’asilo Montale, questo basta per terrorizzare qualunque mamma abbia un figlio in quella scuola.
A passi veloci si dirigono presso l’uscita secondaria - subito resa accessibile dal preside per evitare che i bimbi assistano a un simile spettacolo - senza nemmeno parlare tra loro, chiedere, interrogarsi.
Il contenersi nel raccontare è giustificato dal fatto che la vittima è conosciuta perché abitava lì di fronte, al quarto piano dello stabile che affaccia sul quinto Circolo didattico, e dall’irrompere sulla scena del delitto dei suoi familiari soltanto pochi minuti dopo l’omicidio. Non c’è tempo per il panico dove c’è una guerra che si combatte in strada ed ogni minuto può essere fatale.
Verso le 13 di ieri la stradina stretta, a ridosso dei campetti di calcio dell’Arci Scampia, che confluisce in via Fratelli Cervi, è affollata di auto. La notizia del morto nel cortile dell’istituto è girata ancora prima che il dirigente scolastico avvertisse le famiglie degli alunni. I genitori dei piccoli, sotto una pioggia battente, si precipitano a scuola per andarli a riprenderli e portarli subito a casa.
«Abbiamo sentito il rumore - racconta una mamma che tiene per mano il figlio stretto in un cappottino blu - Siamo in periodo natalizio, i ragazzi sono soliti far esplodere i botti per strada ma subito si è capito che erano colpi di pistola perché alcuni di noi abitano nelle palazzine di fronte la scuola. È bastato affacciarsi al balcone per vedere all’entrata il morto e fare il passaparola».
Questione di metri. Quelli che dividono le persone perbene, tranquille di avere i propri pargoli al sicuro in classe, da killer che uccidono senza pensare. Una linea che si fa più sempre più sottile. «Se avessero sparato giusto qualche metro più in là, poteva essere colpito uno dei bambini nelle aule che si trovano appena si entra», borbotta un papà che fugge via senza dar confidenza a nessuno.
Non c’è tempo nemmeno per lo sfogo tra genitori. Perché passano solo pochi minuti e già si sentono le urla dei parenti di Luigi Lucenti. «Vita mia, Giggino rispondi. T’aggia abbraccià l’ultima volta». La sorella insiste nel voler vedere il corpo. Altri familiari tentano di scavalcare il muro di cinta della scuola, ma vengono bloccati dai carabinieri che, schierati in divisa, interdicono i due ingressi. Alla fine la donna prende a pugni il blindato della polizia mortuaria che porta via il cadavere. «È un rione tranquillo il nostro, non c’è spaccio, non ci sono attività illecite. Nessuno si aspettava che la guerra si spostasse qui - spiega Pasquale Rizzo, consigliere dell’ottava municipalità - Abito nel lotto U, a pochi meri dalla Montale, mio figlio frequenta la vicina scuola media, ma le zone calde sono altre. Adesso c’è da chiedersi a cosa servano i presidi fissi delle forze dell’ordine se poi si spara comunque e ovunque».
Incredulo è anche Antonio Piccolo, presidente dell’Arci Scampia, la scuola di calcio confinante con l’asilo. «Non ci siamo accorti di nulla perché le nostre attività cominciano il pomeriggio - spiega - Attentare alla sacralità dei bambini significa aver raggiunto il limite. Non ci chiuderemo nelle nostre case perché rivendichiamo la nostra normalità. Scampia ha problemi gravi, è vero, ma è frustante che questi morti ammazzati offuschino il bene che c’è qui».
A passi veloci si dirigono presso l’uscita secondaria - subito resa accessibile dal preside per evitare che i bimbi assistano a un simile spettacolo - senza nemmeno parlare tra loro, chiedere, interrogarsi.
Il contenersi nel raccontare è giustificato dal fatto che la vittima è conosciuta perché abitava lì di fronte, al quarto piano dello stabile che affaccia sul quinto Circolo didattico, e dall’irrompere sulla scena del delitto dei suoi familiari soltanto pochi minuti dopo l’omicidio. Non c’è tempo per il panico dove c’è una guerra che si combatte in strada ed ogni minuto può essere fatale.
Verso le 13 di ieri la stradina stretta, a ridosso dei campetti di calcio dell’Arci Scampia, che confluisce in via Fratelli Cervi, è affollata di auto. La notizia del morto nel cortile dell’istituto è girata ancora prima che il dirigente scolastico avvertisse le famiglie degli alunni. I genitori dei piccoli, sotto una pioggia battente, si precipitano a scuola per andarli a riprenderli e portarli subito a casa.
«Abbiamo sentito il rumore - racconta una mamma che tiene per mano il figlio stretto in un cappottino blu - Siamo in periodo natalizio, i ragazzi sono soliti far esplodere i botti per strada ma subito si è capito che erano colpi di pistola perché alcuni di noi abitano nelle palazzine di fronte la scuola. È bastato affacciarsi al balcone per vedere all’entrata il morto e fare il passaparola».
Questione di metri. Quelli che dividono le persone perbene, tranquille di avere i propri pargoli al sicuro in classe, da killer che uccidono senza pensare. Una linea che si fa più sempre più sottile. «Se avessero sparato giusto qualche metro più in là, poteva essere colpito uno dei bambini nelle aule che si trovano appena si entra», borbotta un papà che fugge via senza dar confidenza a nessuno.
Non c’è tempo nemmeno per lo sfogo tra genitori. Perché passano solo pochi minuti e già si sentono le urla dei parenti di Luigi Lucenti. «Vita mia, Giggino rispondi. T’aggia abbraccià l’ultima volta». La sorella insiste nel voler vedere il corpo. Altri familiari tentano di scavalcare il muro di cinta della scuola, ma vengono bloccati dai carabinieri che, schierati in divisa, interdicono i due ingressi. Alla fine la donna prende a pugni il blindato della polizia mortuaria che porta via il cadavere. «È un rione tranquillo il nostro, non c’è spaccio, non ci sono attività illecite. Nessuno si aspettava che la guerra si spostasse qui - spiega Pasquale Rizzo, consigliere dell’ottava municipalità - Abito nel lotto U, a pochi meri dalla Montale, mio figlio frequenta la vicina scuola media, ma le zone calde sono altre. Adesso c’è da chiedersi a cosa servano i presidi fissi delle forze dell’ordine se poi si spara comunque e ovunque».
Incredulo è anche Antonio Piccolo, presidente dell’Arci Scampia, la scuola di calcio confinante con l’asilo. «Non ci siamo accorti di nulla perché le nostre attività cominciano il pomeriggio - spiega - Attentare alla sacralità dei bambini significa aver raggiunto il limite. Non ci chiuderemo nelle nostre case perché rivendichiamo la nostra normalità. Scampia ha problemi gravi, è vero, ma è frustante che questi morti ammazzati offuschino il bene che c’è qui».
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