sabato 1 agosto 2009

Mafia e caso Mori, Violante in procura Ciancimino: non risponderò al pg


Mafia e caso Mori, Violante in procura
Ciancimino: non risponderò al pg


ROMA (1° agosto) - «Mi sono oggi presentato in questi uffici a seguito di contatti telefonici che ho preso direttamente con l'ufficio avendo letto su un quotidiano degli ultimi giorni una notizia che mi riguardava, in ordine alla quale ho da riferire circostanze che potrebbero forse essere di interesse per l'autorità giudiziaria». Sono le dichiarazioni messe a verbale dall'ex presidente della commissione antimafia, Luciano Violante, che si era presentato spontaneamente ai pm palermitani il 23 luglio scorso. «In particolare ho letto che Massimo Ciancimino, figlio dell'ex-sindaco di Palermo, aveva dichiarato ai magistrati che il padre intendeva sapere che io fossi stato informato della trattativa in corso e che aveva ricevuto risposta negativa. La lettura di tali notizie mi ha fatto tornare in mente una visita che ricevetti dall'allora colonnello Mario Mori nel periodo in cui io ero presidente della Commissione parlamentare antimafia, in epoca certamente successiva alle stragi palermitane del 1992».

Il verbale, meno di tre pagine, è ora agli atti del processo a Mario Mori e al colonnello Mauro Obinu imputati di favoreggiamento aggravato per aver favorito la latitanza del boss Bernardo Provenzano. Violante, presidente dell'Antimafia dal settembre '92 al marzo '94, parla di tre incontri con Mori aventi per tema Vito Ciancimino e un dattiloscritto che sarebbe dovuto diventare un libro, "Le mafie", scritto dall'ex sindaco di Palermo. Solo uno è segnato nell'agenda dell'ex parlamentare: il 7 luglio '93, ma Violante non ricorda se quell'incontro fosse stato preso a distanza di tempo e avesse per tema la richiesta di Ciancimino di parlargli. Ipotesi alquanto improbabile perchè Ciancimino venne arrestato nel dicembre '92. L'ex parlamentare domandò a Mori se l'autorità giudiziaria fosse stata informata della disponibilità di Ciancimino a parlare. «Mori mi rispose - aggiunge - che si trattava di una "cosa politica" o di una "'questione politica"». Violante dice ai pm palermitani di non aver voluto incontrare Ciancimino e di aver ribadito a Mori che lui «non faceva incontri privati».

Nella settima seduta della commissione da lui presieduta, nell'ottobre '92, Violante aveva proposto all'ufficio di presidenza, nell'ambito del lavoro sui rapporti tra mafia e politica, «di sentire quei collaboratori che possono essere particolarmente utili (mi riferisco ai pentiti) e Vito Ciancimino, che lo ha chiesto revocando la condizione, posta nel passato, di essere ripreso da canali televisivi pubblici o privati in diretta nel momento in cui rendeva la deposizione». Il 19 dicembre '92, però, Vito Ciancimino venne fermato nella sua residenza romana e portato in carcere per evitare pericoli di fuga, in quanto aveva chiesto il rilascio del passaporto, dopo la condanna in primo grado a 10 anni di carcere per mafia e corruzione. Venne scarcerato nel marzo '99 e posto alla detenzione domiciliare dove morì nel 2002 mentre scontava le condanne. La Cassazione aveva confermato la condanna a 8 anni per associazione mafiosa e corruzione. L'ex sindaco era stato anche condannato a 3 anni e 2 mesi (pena condonata) per aver pilotato i grandi appalti comunali e la condanna a 3 anni e 8 mesi per altri due appalti che Ciancimino
avrebbe gestito attraverso suoi uomini al Comune quando non aveva più incarichi politici.

L'avvocato di Mori: tentativo di linciaggio morale. «Il "pensiero unico" - dice l'avvocato Piero Milio, difensore di Mori - che continua a essere rovesciato sugli italiani con la sapiente, progressiva divulgazione di atti e testimonianze proposte come verità assolute e accertate, appare per quello che è: come un tentativo di linciaggio morale nei confronti di chi ha saputo mantenere la schiena dritta. Oggi sono di turno le dichiarazioni dell'on. Luciano Violante che, dopo 17 anni, si è ricordato che per tre volte l'allora colonnello Mario Mori lo sollecitò ad incontrare - fuori da occhi e orecchie indiscrete - l'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino. Il generale Mario Mori, da uomo delle istituzioni, non intende anticipare la propria difesa attraverso i media, ma continuerà a difendersi nel processo e col processo davanti ai suoi giudici, ai quali darà la prova della correttezza e lealtà istituzionale, peraltro solo a Palermo messa in dubbio. Se qualcuno ritiene di potersi dare ragione con improvvise e tardive dichiarazioni spontanee opportunamente messe in circolo mediatico da altri non possiamo impedirlo, con la riserva, però, di documentare e provare la verità dei fatti».

Associazione vittime strage via Georgofili: Violante doveva svelare gli approcci di Ciancimino. «La trattativa era in corso, bisognava denunciarla. Averla "ignorata" ha fatto sì che i nostri figli siano stati massacrati dal tritolo stragista del 1993. Bisognava che Violante almeno venisse in aula durante i processi di Firenze a dire: "E' vero, anche a me fu chiesto di parlare con Ciancimino, ma ho rifiutato"»: è quanto sostiene Giovanna Maggiani Chelli, portavoce dell'associazione fra i familiari delle vittime della strage dei Georgofili. «La delusione e l'amarezza provata da tutti noi in queste ore tocca punte drammatiche - scrive Maggiani Chelli - "La sinistra sapeva" ha sempre detto Giovanni Brusca e aveva ragione. Non serve asserire "io non ho parlato con Ciacimino Vito" o "io non ho trattato con la mafia" come ha fatto l'onorevole Luciano Violante. Se Violante avesse detto in aula quelle cose oggi potremmo pensare che, sia pur tardi rispetto ai massacri del 1993, ma una sorta di dovere si tentò di assolverlo. Cosa fare lo sappiamo. Andremo fino in fondo nella ricerca della verità sui "mandanti esterni alla mafia" e lo faremo dentro i tribunali, non in Parlamento, dove non sappiamo più di chi fidarci».

Massimo Ciancimino: a Caltanissetta non risponderò al pm. «Confermo che lunedì prossimo mi recherò in Procura a Caltanissetta, per essere ascoltato, come già previsto, ma dove per la prima volta, nella piena facoltà di dichiarante imputato di reato connesso, mi avvarrò della facoltà, prevista dal Codice, di non rispondere». Lo dice Massimo Ciancimino, condannato per aver riciclato parte del tesoro mafioso accumulato dal padre Vito, rispondendo polemicamente alle dichiarazioni del pg nisseno Giuseppe Barcellona che in un' intervista lo ha definito «persona assai equivoca, di modesto spessore culturale, che probabilmente sarà strumentalizzata da qualcuno».

«Spero che il tutto - aggiunge - non sia frutto di un precisa volontà a farmi tacere, perché ha pienamente raggiunto il suo obiettivo. Mi riserverò con i miei legali di valutare l'opportunità di avvalermi della facoltà di non rispondere anche con le altre Procure con le quali ho già fissato ulteriori date di interrogatori. Non ho mai cercato impunità, ma forse volevo che tanti altri personaggi "di elevato spessore culturale" non ne beneficiassero più, come è stato loro permesso di fare».

Ciancimino, condannato per riciclaggio, è figlio di Vito, l'ex sindaco di Palermo condannato per mafia e morto nel 2002, che sta facendo dichiarazioni in varie procure in merito alle stragi palermitane del '92 e alla presunta trattativa tra mafia e Stato. «Preciso - aggiunge - che non ho mai avuto il piacere di incontrare o di conoscere il procuratore generale Barcellona, se non per aver letto in merito al suo periodo di presidenza del Tribunale Fallimentare di Palermo. Colgo l'occasione per rinnovare la mia stima e ammirazione per tutte le persone della procura di Palermo, Caltanissetta e Catania, dalle quali ho avuto un grande stimolo ad andare avanti, con la piena volontà di fare luce su misteri e delitti veramente tragici degli ultimi decenni. Invito a dimostrare che io abbia cercato vantaggi o sconti nel processo che mi vede oggi sottoposto a giudizio di appello. Constato che anche in questo processo non mi sarà possibile essere un imputato "normale in un processo normale", dato il continuo rinvenimento di atti precedentemente smarriti».

Il pm di Palermo: con noi Ciancimino ha sempre parlato, continuerà a rispondere. «Con la Procura di Palermo - ha detto il pm della Dda di Palermo, Nino Di Matteo - Massimo Ciancimino ha sempre parlato, rispondendo a tutte le domande che gli abbiamo fatto e in relazione a tutti gli argomenti processuali che sono stati oggetto d'interrogatorio. E questo fino all'ultima volta che l'abbiamo sentito, giovedì scorso». Di Matteo è titolare, assieme al procuratore aggiunto Antonio Ingroia, dell'indagine sulla presunta trattativa fra Stato e mafia in cui l'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino, padre di Massimo, morto nel 2002, era uno dei protagonisti. «Siamo convinti - ha aggiunto - che Massimo Ciancimino continuerà a rispondere alle domande che noi gli faremo».

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