martedì 4 agosto 2009

La priorità è la lotta alle mafie


La priorità è la lotta alle mafie

Interviste - Ministro Roberto Maroni
03.08.2009
«La priorità è la lotta alle mafie»

Intervista del ministro dell'Interno Roberto Maroni al quotidiano 'Il Sole 24 ore'. Bilancio del contrasto alla criminalità: nel 2008 i delitti sono diminuiti del 8,1%, aumentano i soggetti denunciati (+ 5%) e arrestati (+ 10%). «Per la riduzione dei reati è decisivo il patto con i sindaci», i prefetti daranno l'abilitazione ai volontari per la sicurezza ma la scelta finale spetterà ai primi cittadini


di Marco Ludovico

I reati sono in calo: nel 2008, il Viminale registra una riduzione dell'8% dei delitti. È soddisfatto il ministro dell'Interno, Roberto Maroni. Che annuncia: «Adesso dedicherò l'8o% del mio impegno per battere la mafia».

Tra i cittadini la paura delle criminalità resta elevata. Eppure secondo i dati del Viminale il calo dei delitti riguarda tutti i reati. Lei come spiega questi risultati?
Con tutte le misure che abbiamo messo in camoo in questi mesi. Ci sono almeno tre indirizzi da considerare strategici. Il primo, e il più importante, è la lotta alla clandestinità. Poi, l'azione sui campi nomadi. Inoltre, il modello di forze dell'ordine messo in campo a Caserta per combattere la camorra.

Contro gli immigrati irregolari il suo simbolo è stato il reato di clandestinità. Si è portato dietro, però, un mare di polemiche e questo non aiuterà le espulsioni.
Quelle polemiche alla fine hanno prodotto un effetto mediatico eccezionale. Con risultati concreti: da maggio gli sbarchi sono praticamente azzerati.

Non teme che possano riprendere?
L'assetto realizzato con la Libia, che ha rispettato tutti gli impegni, è efficiente ed efficace.

Diversi clandestini, però, riescono ancora a sbarcare sulle coste della Sicilia o della Calabria.
A Lampedusa non più, come avevo detto. Ci sono, in realtà, pochi casi di immigrati che arrivano con un passaggio, se vogliamo chiamarlo così, di qualche peschereccio italiano. Un passaggio pagato, probabilmente. Stiamo facendo accertamenti.

Perché attribuisce tanta importanza all'azione sui campi rom?
Ha inciso notevolmente sull'andamento di certi reati. Abbiamo, inoltre, intercettazioni di soggetti che hanno deciso di non venire più in Italia. E alcune decine di migliala sono andati via, in Spagna, tanto che mi ha telefonato il collega di Madrid.

Anche su questo fronte, scontri e conflitti non sono mancati. Il Tar del Lazio ha bocciato l'identificazione dei campi.
Credo ci sarà appello al Consiglio di Stato. Io comunque guardo ai risultati: prima era tollerata ogni forma di degrado, adesso stiamo mettendo ordine e regole. A Napoli in un campo abusivo abbiamo trovato e arrestato un soggetto a cui erano intestate circa 500 auto di lusso.

Per rimanere in Campania, lei è entusiasta del cosiddetto 'modello Caserta'. Perché?
Non lo dico io, ma il procuratore della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, Vittorio Lembo: «Sono stati raggiunti risultati strabilianti» nella lotta al clan dei Casalesi.

Sono stati mandati 500 poliziotti e 400 militari.
Sì, ma è il sistema investigativo che si è rafforzato. Mentre poteva accadere il contrario: troppe divise in giro rischiavano di portare alla macchia e alla fuga i camorristi. Invece ne abbiamo arrestati molti. E proseguiremo.

Sul territorio, la sua linea è chiara: i sindaci sono il riferimento principale. Ma questo non sconvolge un sistema che finora ha funzionato?
La legge 121 del 1981, che disciplina l'amministrazione della sicurezza, risale a quasi 30 anni fa: lo scenario era diverso. Non c'era il problema dell'immigrazione, tanto per cominciare. Una revisione si impone.

Così intende portare l'Arma dei Carabinieri sotto l'ala del ministero dell'Interno?
I rapporti con l'Arma sono ottimi e intensi: lo sono stati con il comandante generale Gianfrancesco Siazzu e lo sono ora con il suo successore, Dino Gallitelli, che incontro quasi tutti i giorni. Il problema vero riguarda il personale.

Perché sono attesi forti esodi nei prossimi anni, legati a massicce immissioni di personale che ora giungono alla pensione.
Appunto: una revisione di quella legge si impone.

Intanto il Viminale punta sui sindaci, ora all'appuntamento con le ronde.
Per i volontari della sicurezza, accogliendo le richieste della Conferenza Stato-Città, abbiamo stabilito che i prefetti selezioneranno e abiliteranno le associazioni e i soggetti che si faranno avanti. Ma toccherà poi ai primi cittadini scegliere quali nuclei pattuglieranno le strade.

Lei ritiene che i Comuni abbiano già dato un contributo ai risultati nel contrasto alla criminalità?
Ne sono certo. Con i poteri di ordinanza sono state prese molte decisioni che hanno avuto effetti innegabili. Un intervento anti-bivacco notturno, o contro il commercio clandestino, dispiega i suoi risultati anche oltre. E si riduce, per esempio, lo spaccio di stupefacenti.

I Patti sulla sicurezza, intanto, vanno avanti. Una linea già intrapresa dal suo predecessore, Giuliano Amato.
È vero. Con la differenza, però, che io li sto differenziando a seconda delle esigenze locali: non possono essere tutti uguali.

In quello recente, stipulato per il Garda, ci sono diversi livelli di governo.
Abbiamo riunito i 40 sindaci dei comuni del lago, le province di Brescia, Verona e Trento, le regioni Lombardia, Veneto e Trentino-Alto Adige. Significa coinvolgere e ottenere il contributo di ogni amministrazione interessata. Così, insieme, si combatte la criminalità ma si fa anche prevenzione efficace per la sicurezza stradale, per esempio.

In questo quadro, però, c'è la sensazione diffusa che la percezione di sicurezza, da parte dei cittadini, non sia così migliorata.
In realtà basta un caso a sconvolgere l'ottimo lavoro delle forze dell'ordine. Lo stupro della Caffarella, a Roma, è avvenuto mentre si registrava un calo del 10% di quel reato.

E oltre alla percezione, lei deve fare i conti con risorse economiche scarse.

Non è così. Proprio giovedì ho presieduto una riunione per il Fug, fondo unico giustizia. Abbiamo già recuperato 617 milioni derivanti da conti correnti e altre somme sequestrate alla criminalità organizzata. Entro fine anno dovremo arrivare a un miliardo. Chiederò al Presidente del Consiglio di destinarli al Viminale.

Molti si chiedono che cosa intenda fare Roberto Maroni nei prossimi anni, visto che ha praticamente esaurito il programma annunciato.
Voglio impegnare l'8o% del mio tempo per combattere e sconfiggere le mafie.

In effetti gli unici segnali negativi nell'andamento dei reati arrivano dalla Sicilia.
Non è tanto quello il problema, quei numeri vanno interpretati. Si tratta, semmai, di demolire un sistema criminale organizzato. Il segnale oggi preoccupante è l'incremento dell'usura. Strettamente legato, peraltro, al periodo di crisi economica.

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