
Le ricerche questa notte si sono concentrate nelle zone di Casal di Principe, San Cipriano d'Aversa, Casapesenna e Casagiove. L'operazione è stata coordinata dalla Dda di Napoli.
C'è anche una soldatessa 25enne, Laura Titta, tra le 11 persone arrestate questa mattina dai carabinieri con l'accusa di favoreggiamento nei confronti del boss Giuseppe Setola e del suo gruppo. La soldatessa è stata arrestata nella caserma di Ascoli Piceno, sede del 235 Reggimento Piceno, dove prestava servizio da dieci giorni. La stessa caserma di Salvatore Parolisi, il marito di Melania Rea, la donna originaria di Somma Vesuviana trovata morta nel Teramano e il cui omicidio rimane ancora un mistero.
Presso il 235/o reggimento Piceno di Ascoli, la soldatessa aveva svolto l'addestramento tra il 2009 e il 2010, quando si era arruolata per la prima volta nell'esercito. Lo hanno accertato i carabinieri della stazione di Parete, che questa mattina hanno prelevato la giovane nel capoluogo marchigiano per trasferirla al carcere militare di Santa Maria Capua Vetere. Dopo l'addestramento, che si concluse nel marzo del 2010, Laura Titta fu trasferita in una caserma napoletana, dove rimase fino al congedo. Presentò quindi una domanda di riammissione, in seguito alla quale stava frequentando da una decina di giorni un corso nella stessa caserma.
La giovane, considerata un'insospettabile, avrebbe avuto un ruolo importante nella logistica del clan prestandosi - secondo l'accusa - a fare da autista nello spostamento dei latitanti e a consegnare loro i pasti.
Laura Titta aveva minacciato di uccidere l'ex fidanzato Giovanni Mola, oggi collaboratore di giustizia, se questi avesse parlato di lei agli investigatori: è lo stesso Mola a riferirlo in alcuni interrogatori.
«Ho saputo da mia mamma, venuta a colloquio a luglio 2009, che sono state fatte delle minacce contestualmente da Laura Titta e da Salvatore Laiso, detto Chicchinos. In particolare Laura andò a casa di mia mamma minacciandola che avrebbe ucciso me o altri componenti della famiglia se l'avessi accusata».
Gli investigatori non escludono che Titta progettasse di servirsi delle armi di ordinanza.
Laura Titta si era anche fatta tatuare su una gamba la parola «terrorista». Una donna dal carattere violento, pronta a rivolgersi ai boss del clan dei casalesi per far punire i fidanzati che non si comportavano come lei avrebbe voluto. Il 2 luglio 2008 Laura convinse il fidanzato del momento, Giovanni Mola, e l'altro affiliato al clan Paolo Gargiulo (che successivamente sarà arrestato con Setola nel covo di Mignano Montelungo) a picchiare ferocemente un suo ex, Giuseppe Madonia.
La soldatessa attirò Madonia in una trappola dandogli appuntamento vicino al cimitero di Giugliano (Napoli). Per evitare ritorsione da parte della famiglia Madonia, a sua volta vicina agli ambienti della criminalità organizzata del Giuglianese, la soldatessa, accompagnata dalla madre, andò a trovare il boss latitante Emilio Di Caterino, oggi collaboratore di giustizia: quest'ultimo convinse gli amici del giovane picchiato a soprassedere in nome dell'alleanza con i casalesi. Poche settimane dopo, però, il 25 luglio, Laura organizzò una nuova spedizione punitiva, questa volta contro Giovanni Mola, «colpevole» di non volerle restituire l'auto da due giorni.
Anche in questo caso la soldatessa cercò l'aiuto di Di Caterino, che però non frattempo aveva cambiato covo. Per rintracciarlo, Laura si rivolse a una sua cara amica, Francesca Maisto, a sua volta arrestata oggi: Maisto, fidanzata con Stefano, un giovane estraneo agli ambienti della malavita, è anche la compagna del boss detenuto Antonio Di Tella, sposato e con figli, ma oltre a ciò intrattiene una relazione con il latitante Emilio Di Caterino.
Dalle carte dell'inchiesta emerge dunque un giro di conoscenze caratterizzato da grande promiscuità; a Laura Titta, per esempio, Emilio Di Caterino si rivolse perchè accompagnasse da lui, durante l'assenza della moglie, la sua amica Angela.