Ai parenti del boss il risarcimento per le vittime
di mafia
Andando a caccia della primula rossa del crimine
organizzato, quel Matteo Messina
Denaro da Trapani (foto) succeduto a Bernardo Provenzano nella leadership mafiosa,
si possono fare scoperte sensazionali. Ad esempio, trovare su un conto corrente
bancario due milioni di euro versati a titolo di risarcimento da parte dello
stato in favore degli eredi di una vittima di mafia, ed accorgersi solo dopo che
i beneficiari erano essi stessi impastati con le cosche.
Si è trattato di
mero errore materiale da parte degli addetti ai lavori oppure dell’estrema
abilità dei beneficiari a mimetizzarsi tra la «folla» delle vittime di mafia?
Nessuna ipotesi è da escludere. In ogni caso la notizia è emersa ieri dalle
risultanze del blitz “Casus belli bis” chiesto dalla procura antimafia
di Palermo al tribunale di Trapani e da questo ordinato al Ros
e al comando provinciale dei carabinieri, prosecuzione «patrimoniale» della
prima tranche dell’azione repressiva della magistratura e delle forze
dell’ordine di meno di due anni fa, il “Casus belli”. Al centro del provvedimento, la solita rete di
affiliati, prestanome, portatori d’acqua, insospettabili e imprenditori
considerati a vario titolo legati a Messina Denaro: cui, ovviamente, forniscono
coperture ed appoggi. Insomma, il cuore del problema del crimine organizzato.
Nel caso in
questione si è trattato di un sequestro di beni mobili ed immobili per circa 38
milioni di euro. Gli accertamenti bancari delegati dalla Distrettuale antimafia
del capoluogo siciliano in danno dei familiari dell’imprenditore Cataldo
La Rosa (uno degli arrestati nel precedente blitz) hanno fatto emergere
la stravagante circostanza. Ossia che 2 milioni erano stati elargiti a membri
della famiglia mafiosa per risarcirli della perdita di tal Salvatore Stallone, affiliato ucciso sul
finire degli anni ’80 a Campobello di Mazara del Vallo. Quattro
miliardi di vecchie lire col timbro del ministero dell’Interno, messi nelle mani
proprio di chi il danno addirittura lo produceva. Dal Viminale fanno già sapere
che le procedure per la revoca del beneficio sono state attivate immediatamente,
appena venuti a conoscenza delle risultanze investigative.
Più che
«belli» qui pare che il caso sia «limite»: nel senso che se
gli inquirenti non vi avessero battuto il naso contro incidentalmente, quel
danaro sarebbe stato l’ennesima beffa nei confronti della collettività. In
particolare delle vittime vere della criminalità organizzata. Che in
Sicilia, a quanto pare,
neppure vivono un momento tranquillo. Con lo stesso governatore
Crocetta i rapporti sono tesi a causa di un presunto
disinteresse di costui per la causa della equiparazione normativa delle vittime
di mafia a quelle del terrorismo. Per non dire dell’agitazione nazionale di
inizio settembre delle varie sigle a Roma contro la paventata ipotesi del
governo Letta di ridurre i
fondi nell’ottica della solita spending review. Che non ha però
impedito di mettere sul conto di mafiosi due milioni di euro che, a quest’ora,
saranno già diventati chili di eroina e cocaina, a loro volta ritrasformati in
milioni e milioni di euro.
Peppe
Rinaldi (dal quotidiano "Libero" del 10 ottobre 2013)
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