giovedì 10 ottobre 2013

Due milioni di euro dal Viminale: ai parenti del boss il risarcimento per le vittime di mafia

Ai parenti del boss il risarcimento per le vittime di mafia

Andando a caccia della primula rossa del crimine organizzato, quel Matteo Messina Denaro da Trapani (foto) succeduto a Bernardo Provenzano nella leadership mafiosa, si possono fare scoperte sensazionali. Ad esempio, trovare su un conto corrente bancario due milioni di euro versati a titolo di risarcimento da parte dello stato in favore degli eredi di una vittima di mafia, ed accorgersi solo dopo che i beneficiari erano essi stessi impastati con le cosche.


Si è trattato di mero errore materiale da parte degli addetti ai lavori oppure dell’estrema abilità dei beneficiari a mimetizzarsi tra la «folla» delle vittime di mafia? Nessuna ipotesi è da escludere. In ogni caso la notizia è emersa ieri dalle risultanze del blitz “Casus belli bis” chiesto dalla procura antimafia di Palermo al tribunale di Trapani e da questo ordinato al Ros e al comando provinciale dei carabinieri, prosecuzione «patrimoniale» della prima tranche dell’azione repressiva della magistratura e delle forze dell’ordine di meno di due anni fa, il “Casus belli”Al centro del provvedimento, la solita rete di affiliati, prestanome, portatori d’acqua, insospettabili e imprenditori considerati a vario titolo legati a Messina Denaro: cui, ovviamente, forniscono coperture ed appoggi. Insomma, il cuore del problema del crimine organizzato.

Nel caso in questione si è trattato di un sequestro di beni mobili ed immobili per circa 38 milioni di euro. Gli accertamenti bancari delegati dalla Distrettuale antimafia del capoluogo siciliano in danno dei familiari dell’imprenditore Cataldo La Rosa (uno degli arrestati nel precedente blitz) hanno fatto emergere la stravagante circostanza. Ossia che 2 milioni erano stati elargiti a membri della famiglia mafiosa per risarcirli della perdita di tal Salvatore Stallone, affiliato ucciso sul finire degli anni ’80 a Campobello di Mazara del Vallo. Quattro miliardi di vecchie lire col timbro del ministero dell’Interno, messi nelle mani proprio di chi il danno addirittura lo produceva. Dal Viminale fanno già sapere che le procedure per la revoca del beneficio sono state attivate immediatamente, appena venuti a conoscenza delle risultanze investigative. 

Più che «belli» qui pare che il caso sia «limite»: nel senso che se gli inquirenti non vi avessero battuto il naso contro incidentalmente, quel danaro sarebbe stato l’ennesima beffa nei confronti della collettività. In particolare delle vittime vere della criminalità organizzata. Che in Sicilia, a quanto pare, neppure vivono un momento tranquillo. Con lo stesso governatore Crocetta i rapporti sono tesi a causa di un presunto disinteresse di costui per la causa della equiparazione normativa delle vittime di mafia a quelle del terrorismo. Per non dire dell’agitazione nazionale di inizio settembre delle varie sigle a Roma contro la paventata ipotesi del governo Letta di ridurre i fondi nell’ottica della solita spending review. Che non ha però impedito di mettere sul conto di mafiosi due milioni di euro che, a quest’ora, saranno già diventati chili di eroina e cocaina, a loro volta ritrasformati in milioni e milioni di euro. 

Peppe Rinaldi (dal quotidiano "Libero" del 10 ottobre 2013)

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