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giovedì 20 settembre 2012
Sequestrati 108 immobili a uomini dei clan
Serviranno a pagare le spese dei processi
I beni si trovano in Piemonte e Calabria e il loro valore, stimato in 3 milioni di euro, verrà usato per finanziare intercettazioni telefoniche e indagini tecniche effettuate per 4 anni dalla Dda con l'obiettivo di arrivare all'arresto di esponenti delle cosche di Careri e Mammola nell'operazione Minotauro
ROMA – Centootto immobili appartenenti a 38 imputati di associazione a delinquere di stampo mafioso nell'ambito dell'operazione «Minotauro» del giugno 2011, sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza di Torino in Piemonte e in Calabria. I beni – 41 abitazioni, 40 terreni e 27 autorimesse – serviranno a garantire il pagamento delle spese già sostenute e di quelle ancora da sostenere in tutte le fasi del procedimento per un prevedibile ammontare di 3 milioni: costo delle intercettazioni telefoniche e delle indagini tecniche effettuate per 4 anni dalla Dda, spese per la detenzione in carcere, oneri connessi alla gestione dei beni già sequestrati e spese processuali.
Alla vigilia della prima udienza del processo, fissata per il prossimo 18 ottobre, è stato posto - spiegano gli investigatori – un «importante punto fermo: se al termine i condannati dovessero risultare insolventi, il patrimonio sequestrato potrà essere definitivamente confiscato e posto in vendita. Il ricavato servirà a coprire le spese di giustizia sostenute, evitando così 'ricadutè negative sul bilancio dello Stato e, quindi, sulla collettività». Gli immobili si trovano nelle province di Torino, Vercelli, Reggio Calabria, Crotone e Vibo Valentia. I provvedimenti di sequestro conservativo sono stati emessi a poco più di un anno di distanza dal blitz che mise in luce le infiltrazioni della 'ndrangheta nel nord ovest del paese e portò all’arresto di ben 169 persone per le quali successivamente è stato richiesto il rinvio a giudizio, per lo più per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Tra i soggetti colpiti dai provvedimenti di sequestro spiccano i nomi di Paolo Cufari, indicato nelle carte processuali quale capo della «locale» di Natile di Careri (Reggio Calabria) a Torino e Rodolfo Scali, rappresentante e referente della «locale» di Mammola (Reggio Calabria) a Cuorgnè (Torino): al primo sono stati sequestrati un magazzino a Volpiano (Torino) e un terreno a Careri; al secondo, quattro terreni a Mammola. Sei appezzamenti di terreno compresi nel comune di Platì sono stati sottratti, alla disponibilità di Pasquale Barbaro, considerato rappresentante e referente della «locale» di Platì a Volpiano mentre al capo della «locale» di Moncalieri (Torino), Rocco Raghiele, è stata sequestrata un’abitazione nello stesso Comune. I sequestri conservativi si differenziano da quelli «per sproporzione», effettuati sempre dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria Torino contestualmente agli arresti eseguiti nell’ambito dell’operazione «Minotauro». Allora, infatti, le oltre 180 unità immobiliari, i 200 rapporti finanziari e i 10 complessi aziendali furono «congelati» sulla presunzione, in gran parte non smentita che, costituendo un patrimonio eccessivo rispetto ai redditi ufficialmente dichiarati, fossero stati accumulati illecitamente. I provvedimenti in questione riguardano invece beni di provenienza lecita, talvolta acquisiti per eredità, che comunque saranno utilizzati per garantire le spese di giustizia in caso di condanna.
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