L'inchiesta dei carabinieri del Comando provinciale lombardo è stata denominata "Ulisse" e riguarda i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, porto e detenzione illegale di armi, usura ed estorsione, tutti reati aggravati dalle finalità mafiose
MILANO - Una operazione che getta ulteriore luce sugli interessi della 'ndrangheta al nord e sull'organizzazione delle locali attive in Lombardia quella messa a segno questa mattina dai carabinieri del comando provinciale di Milano, coordinati dalla distrettuale del capoluogo lombardo e in particolare dai magistrati Ilda Boccassini e Alessandra Dolci che hanno eseguito 37 ordinanze di custodia cautelare in carcere nell’ambito dell’operazione, 'Ulisse'. Le 37 persone sono accusate a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, porto e detenzione illegale di armi, usura ed estorsione, tutti reati aggravati dalle finalità mafiose.
I provvedimenti di custodia cautelare scaturiscono da diversi filoni investigativi avviati dal Ros a seguito dell’indagine 'Crimine' che ha portato nell’aprile 2011 all’arresto di 11 affiliati alle 'ndrine di Seregno e Giussano. Tra questi c'erano anche gli autori dell’omicidio di Rocco Cristello, Carmelo Novella, Antonio Tedesco e Rocco Stagno, tutti commessi in Lombardia tra il 2008 e il 2010 nell’ambito delle faide tra le cosche Gallace e Novella di Guardavalle (Catanzaro). Le indagini hanno svelato le attività delle cosche al Nord: traffico di droga, usura ed estorsioni. e, secondo gli investigatori, hanno consentito di documentare le dinamiche criminali delle proiezioni extraregionali della 'ndrangheta in Lombardia, il loro solido legame con le cosche di origine ed il controllo delle aree di influenza attraverso il ricorso alla violenza e alla intimidazione. Fra i vari dettagli emersi spicca come anche al nord sia ormai in uso la realizzazione di bunker per sfuggire all'arresto o alle faide. Una botola, infatti, nascosta nel pavimento della cucina, con un perfetto meccanismo di apertura telecomandata. Un bunker in piena regola per scappare ai blitz della forze dell’ordine, identico a quelli di ndranghetisti latitanti dell’Aspromonte. La novità, come detto, è che il nascondiglio si trovava nel profondo Nord, a Giussano, piccolo comune della Brianza. Per la precisione in via Boito 23, dove il boss Antonio Stagno, di 44 anni, originario di Giussano e attualmente detenuto nel carcere di Opera per altri motivi, aveva la sua residenza. Si tratta di un vero e proprio bunker con una parete mobile che si aziona con un telecomando – ha spiegato il pm della Dda di Milano, Alessandra Dolci – come quelli che siamo soliti trovare in realtà come San Luca o Platì. Per gli investigatori è un dato molto importante perchè dimostra l’ulteriore passo in avanti della 'ndrangheta al Nord, ormai così a proprio agio da esportare tecniche ritenute esclusiva delle zone d’origine. Il procuratore aggiunto del Tribunale di Milano, Ilda Boccassini, ha aggiunto che questo è momento di cambiamento per le 'ndrine, con i giovani che stanno prendendo il posto degli “anziani». Nonostante ciò, però, resistono le tradizioni come quella dei bunker, di cui i calabresi sono considerati esperti costruttori. Per quanto concerne, invece, le potenziali vittime venivano scelte principalmente tra gli imprenditori di origine calabrese «in quanto maggiormente inclini per mentalità a sottostare alle richieste estorsive senza coinvolgere le forze dell’ordine». Ad affermarlo è Antonio Belnome, uno dei pentiti che ha dato un contributo all’indagine 'Ulisse'. «Non solo – prosegue – le vittime, di solito e per risalente consuetudine, si rivolgono ad esponenti della criminalità organizzata del paese d’origine perchè svolgano un ruolo di mediazione (e non gratis, ovviamente)». Tra gli episodi di estorsione riportati nell’ordinanza, c'è quello ai danni dell’imprenditore Domenicantonio Fratea, titolare di un bar a Giussano, costretto a pagare 80mila euro dopo varie intimidazioni. Belnome ha raccontato agli inquirenti che «l'estorsione fu organizzata dai vertici delle locali di Seregno e Giussano», e quindi anche da lui. Nel dibattimento di un processo in corso, «Fratea – scrive il gip – ha negato pervicacemente di avere pagato alcunchè».
Le estorsioni. Numerosi gli episodi di questo tipo raccolti dai militari. A partire dal 2007, quando le vittime dell’estorsione furono i titolari della concessionaria di auto 'Selagip 2000' di Giussano, a cui venne chiesto il pagamento di 500mila euro dopo minacce, telefonate minatorie, attentati incendiari, e l’esplosione di colpi di pistola contro le vetrine. È del 2010, invece, quella nei confronti di Domenicantonio Fratea, imprenditore nel settore immobiliare e titolare di una bar a Giussano. A lui vennero chiesti 80mila euro con la medesima modalità intimidatoria. La lista prosegue con Roberto Gioffrè, titolare di una sala giochi che alla fine del 2010 fu costretto a rinunciare a un credito di 70mila euro, che vantava nei confronti di alcuni affiliati, dopo numerose minacce. Infine, Stefano Sironi, imprenditore edile di Giussano, costretto a riconoscere interessi esorbitanti sulle somme prestate dalla cosca.
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