REGGIO CALABRIA. ''Un arresto non fortuito, nè casuale - hanno spiegato i carabinieri del Comando provinciale diretti dal colonnello Lorenzo Falferi - poichè da tempo avevamo stretto il cerchio ai possibili luoghi utilizzati dal latitante''. Lo hanno rivelato i carabinieri nel corso della conferenza stampa relativa alla cattura di Domenico Aquino, ultimo erede della famiglia di 'ndrangheta di Marina di Gioiosa Ionica, fondata dal vecchio boss Salvatore ''Turi'' Aquino. Il latitante, secondo gli investigatori, aveva ereditato lo scettro di comando della potente cosca, indicata in diverse inchiesta come titolare di rapporti con elementi criminali di primo piano residenti in Canada ed in America latina, dediti soprattutto la traffico internazionale degli stupefacenti. ''La nostra attenzione - ha sostento Falferi - si è focalizzata sul nucleo familiare ristretto del latitante del quale ha avuto bisogno non solo per il sostentamento, ma anche per mantenere inalterato il proprio potere e controllare lo svolgimento degli affari, il controllo dei lavori, degli appalti, degli esercizi pubblici''. Secondo gli inquirenti, a conferma della sua appartenenza alla ‘ndrangheta, già nell’anno 1997, nell’ambito di una indagine finalizzata all’accertamento dell’ipotesi di associazione di stampo mafioso, al fine di rendere inoffensive le enormi abitazioni dei componenti della famiglia, rese vere e proprie fortificazioni (ovviamente abusive), la Dda di Reggio Calabria, aveva disposto la perquisizione delle loro unità immobiliari (interessato compresso), con contestuale sequestro delle telecamere esterne, dei proiettori di luce e quant’altro ritenuto utile alle indagini.
All’interno della famiglia Aquino risultavano peraltro inseriti noti brokers internazionali del traffico di cocaina dal Sud America, come gli Scali (Antonio, Natale e Vincenzo) ed i Lucà (Francesco, Nicola e Giuseppe), alcuni dei quali al centro dell’indagine “Decollo” del Ros che nel gennaio 2004, aveva consentito l’esecuzione di complessivi 154 provvedimenti restrittivi con il sequestro di oltre 5000 kg di cocaina e la documentata importazione di altri 7800 kg. Le indagini avevano anche documentato l’evoluzione criminale della famiglia, dedita negli anni '70 soprattutto alla commissione di truffe e fallimenti fraudolenti e, in una seconda fase, pienamente attiva nel narcotraffico internazionale con collegamenti funzionali in Canada e negli Usa oltre che nel riciclaggio dei relativi proventi, per lo più reinvestiti nel settore immobiliare. Domenico Aquino era stato colpito dal provvedimento di fermo per il quale era ricercato, emesso dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, nell’ambito dell’operazione “Il Crimine”. L’operazione, nel cui ambito le Autorità giudiziarie di Milano e Reggio Calabria hanno raccordato e coordinato numerosi procedimenti penali collegati fornendo un quadro complessivo ed unitario degli assetti organizzativi della ‘ndrangheta, delle sue articolazioni extraregionali e dei comuni interessi illeciti, ha accertato come la matrice criminale, dopo un lento processo evolutivo, già delineato da alcuni collaboratori di giustizia nei primi anni ’90, abbia raggiunto una nuova configurazione organizzativa, in grado di coordinare le iniziative criminali delle singole articolazioni, soprattutto nei settori dell’infiltrazione negli appalti pubblici e del traffico internazionale di stupefacenti.
Le investigazioni hanno infatti tecnicamente documentato come le cosche della provincia di Reggio Calabria rimangano il centro propulsore delle iniziative dell’intera ‘ndrangheta, nonché il principale punto di riferimento di tutte le articolazioni extraregionali, nazionali ed estere. A tal fine è stato creato un organismo assolutamente inedito, denominato “Provincia”, riferimento dei responsabili di tre “mandamenti” in cui sono stati ripartiti i “locali” del capoluogo e delle aree tirrenica e ionica. Un ordine gerarchico all’interno di tale organismo che, tuttavia, garantisce ai singoli sodalizi ampi margini di autonomia, risulta assicurato dai tradizionali gradi (“sgarro”, “santa”, “vangelo”) e ruoli (capocrimine, mastro di giornata e contabile) nei diversi livelli dell’organizzazione. L’attività investigativa ha documentato come tale modello organizzativo sia stato esteso anche alle proiezioni nel nord Italia (Lombardia, Liguria e Piemonte) e all’estero (in Svizzera e Germania1), con la costituzione di “locali” e, laddove maggiore è risultata la loro concentrazione, di organismi assimilabili ai “mandamenti”, come in Lombardia e Liguria. Tali articolazioni, seppur dotate di libertà decisionale relativamente alle attività locali, rimangono comunque dipendenti dalla ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria. Proprio nel corso delle indagini in parola, sono state documentate numerose riunioni tra i maggiori esponenti delle cosche del mandamento ionico, per la risoluzione di problematiche interne, tra cui quella relativa all’omicidio di Carmelo Novella. Sono così emerse ulteriori conferme circa l’operatività degli organismi denominati “provincia” e “mandamento” e la rispettiva influenza nella determinazione degli assetti dei sodalizi dipendenti, tra cui quello di Gioiosa Ionica, all’interno del quale veniva ricomposta una scissione, con la nomina a capo società di Rocco Aquino, fratello di Giuseppe e Domenico, in sostituzione di Nicola Rocco Aquino. E’ stato inoltre possibile individuare gli interessi economici della cosca nella gestione, anche attraverso prestanome, di alberghi, esercizi pubblici, imprese edili ed immobili. Alcuni di essi, per un valore di 10 milioni di euro, venivano sottoposti ad un provvedimento di sequestro preventivo.
mi sembra che con queste notizie si stia esagerando un bel po.
RispondiEliminanon mi risulta che Aquino sia un boss, e neanche un criminale per come viene descritto dagli organi di stampa, ma io so che è un bravo ragazzo che a sempre lavorato e si è dedicato sempre alla sua famiglia.
SPERO CHE SI DIA LA VISIBILTA’ A QUESTO COMMENTO PARI ALL’ARTICOLO PUBBLICATO
RispondiEliminami sembra che le notizie pubblicate non rispondono a verità!
adesso vi informo io :
Aquino non risulta in nessuna sentenza che sia un boss;
la famiglia Aquino non è una delle più malavitose della fascia ionica , ma , bensì è una famiglia di lavoratori e commercianti;
Marina di Gioiosa non è un paese dove gli Aquino esercitano nessun tipo di predominio , ma è il paese natale della famiglia Aquino dove abitano e lavorano da una vita , Altro che predominio ;
Domenico Aquino non deve rispondere di Associazione Mafiosa ;
chi lo chiama il biondo? A me non risulta che nessuno lo chiami così;
Domenico Aquino è colpevole di aver lavorato come dipendente in un’attività commerciale ove il fratello aveva una quota societaria;
Domenico Aquino è colpevole di aver lavorato sempre come dipendente già dall’età di 14 anni sino a poco tempo addietro in attività commerciali per la realizzazione di infissi in alluminio ;
Domenico Aquino è colpevole di avere l’hobby del calcio ,che la sera dopo aver terminato i suoi orari di lavoro andava a giocare a calcetto.
Poi si riportano sempre operazioni di polizia tipo “decollo, Solare, sud America, America Latina, maxisequestri di droga” ma a chi? NON DI CERTO A NESSUNO DEGLI AQUINO!!! in queste indagini non figurano da nessuna parte mai ne Rocco , ne Giuseppe e ne Domenico Aquino neanche come semplici indagati, però si riportano sempre in modo da poter convincere l’opinione pubblica delle false teorie degli inquisitori con gli organi di stampa complici , questo è il mio pensiero altrimenti perchè si devono riportare notizie NON VERE , BASTA SOLO DIRE LA VERITA’ e non alterare le cose.
Se poi lavorare onestamente e pagare le tasse equivale ad essere Mafiosi si vede che Mafiosi siamo tutti!
LA VERITÀ’ E’ QUESTA , FORSE NON PIACERA’ MA E’ SOLO ED ESCLUSIVAMENTE QUESTA..
OPERAZIONE CRIMINE 27.02.14 DOMENICO AQUINO RITORNA A CASA SUA PERCHE' ASSOLTO DA TUTTE LE ACCUSE MOSSE PERCHE' IL FATTO NON SUSSITE
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