“Sono onorata del cognome che porto”
Lucia si racconta a un’emittente svizzera: se uno ama i genitori
non cambia nome. Le associazioni delle vittime: dovrebbe inorridire
«Dispiaciuta» per le vittime, ma «onorata» di portare il nome del padre: così si è detta Lucia Riina, figlia del capomafia Salvatore (Totò) Riina, alla televisione svizzera, che ha pubblicato sul suo sito un video della «prima intervista televisiva» della donna.
«Io sono onorata di chiamarmi così, e felice» perché «è il cognome di mio padre e immagino che qualsiasi figlio che ama i suoi genitori non cambia il cognome. Corrisponde alla mia identità», afferma Lucia Riina intervistata a Ginevra. Nell’intervista, doppiata in francese e così diffusa, Lucia Riina si dice «dispiaciuta» per le vittime del padre, ma -aggiunge - «penso che siamo tutti figli di qualcuno» e non bisogna restare nel passato ma andare avanti per noi, per le generazioni future.
Parlando della sua famiglia, la figlia del boss dice: «Sono i miei genitori, siamo cattolici e devo dell’amore a mio padre e mia madre», afferma, ricordando che a casa pregavano tutte le sere e che il momento più brutto della sua vita fu l’arresto di suo padre. «Nostra madre è stata estremamente importante, poiché non abbiamo potuto andare a scuola. È lei che ci ha insegnato a leggere e a scrivere», ha affermato. La figlia del boss, che ha compiuto in Svizzera il suo primo viaggio all’estero, afferma, infine, che non le dispiacerebbe vivere e lavorare in Svizzera.
Immediata la polemica. «La figlia di Riina la sua favoletta di brava figlia che ama quell’assassino di suo padre, ma che le dispiace tanto per le vittime di mafia la vada a raccontare a qualcun altro» e «inorridisca una buona volta davanti a tanto sangue innocente versato». Questa la presa di posizione dell’Associazione tra i familiari della strage di via dei Georgofili in merito all’intervista rilasciata alla televisione svizzera da Lucia Riina.
«La prossima volta che rilascia una intervista del genere - aggiunge in una nota l’Associazione - penseremo seriamente a cercare la possibilità di querelarla per lesa memoria dei nostri morti». «Inoltre - conclude la nota - bastano le nostre di televisioni che esaltano i figli dei criminali, non ci si mettano anche quelle svizzere».
«Io sono onorata di chiamarmi così, e felice» perché «è il cognome di mio padre e immagino che qualsiasi figlio che ama i suoi genitori non cambia il cognome. Corrisponde alla mia identità», afferma Lucia Riina intervistata a Ginevra. Nell’intervista, doppiata in francese e così diffusa, Lucia Riina si dice «dispiaciuta» per le vittime del padre, ma -aggiunge - «penso che siamo tutti figli di qualcuno» e non bisogna restare nel passato ma andare avanti per noi, per le generazioni future.
Parlando della sua famiglia, la figlia del boss dice: «Sono i miei genitori, siamo cattolici e devo dell’amore a mio padre e mia madre», afferma, ricordando che a casa pregavano tutte le sere e che il momento più brutto della sua vita fu l’arresto di suo padre. «Nostra madre è stata estremamente importante, poiché non abbiamo potuto andare a scuola. È lei che ci ha insegnato a leggere e a scrivere», ha affermato. La figlia del boss, che ha compiuto in Svizzera il suo primo viaggio all’estero, afferma, infine, che non le dispiacerebbe vivere e lavorare in Svizzera.
Immediata la polemica. «La figlia di Riina la sua favoletta di brava figlia che ama quell’assassino di suo padre, ma che le dispiace tanto per le vittime di mafia la vada a raccontare a qualcun altro» e «inorridisca una buona volta davanti a tanto sangue innocente versato». Questa la presa di posizione dell’Associazione tra i familiari della strage di via dei Georgofili in merito all’intervista rilasciata alla televisione svizzera da Lucia Riina.
«La prossima volta che rilascia una intervista del genere - aggiunge in una nota l’Associazione - penseremo seriamente a cercare la possibilità di querelarla per lesa memoria dei nostri morti». «Inoltre - conclude la nota - bastano le nostre di televisioni che esaltano i figli dei criminali, non ci si mettano anche quelle svizzere».
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