BARI - Gli appalti del 2008 per l’installazione di due Tac e una risonanza magnetica presso l’Oncologico di Bari potrebbero essere stati truccati a suon di tangenti. Per questo il gup Sergio Di Paola ha rinviato a giudizio tre persone, un imprenditore e due dirigenti della Asl di Bari. Tra loro anche Sebastiano Carbonara, capo dell’ufficio tecnico della più grande azienda sanitaria pugliese e soprattutto appena nominato garante anticorruzione della Asl.
Il processo comincerà il 3 marzo. Carbonara (difeso dall’avvocato Francesco Paolo Sisto), il suo collega Antonio Colella e l’imprenditore Carlo Persia (referente locale della Philips) risponderanno di turbativa d’asta: secondo l’accusa (rappresentata dal procuratore aggiunto Lino Giorgio Bruno), la Philips avrebbe riportato punteggi «ingiustificatamente alti» nonostante avesse proposto dispositivi che una perizia tecnica ha ritenuto meno evoluti rispetto ai concorrenti. Colella e Persia rispondono anche di corruzione: l’imprenditore avrebbe pagato una tangente all’allora dirigente degli appalti Asl. Nel procedimento si sono costituite parti civili la Toshiba, il suo rappresentante locale Tommaso Vigneri (avvocato Cristian Di Giusto) e la stessa Regione (avvocato Francesco Marzullo).
L’inchiesta è una costola dell’indagine sull’ex assessore Alberto Tedesco, all’epoca condotta dalla pm Desirèe Digeronimo: la vicenda degli appalti all’Oncologico di Bari è emersa da una denuncia di Vigneri ed è stata corroborata dalle intercettazioni e dalle consulenze tecniche richieste dalla procura. Proprio le norme anticorruzione, quelle su cui Carbonara era stato chiamato da pochi mesi a vigilare, impongono alla pubblica amministrazione di intervenire in caso di dirigenti rinviati a giudizio.
m.s.
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