da un paio d'anni pagava l'affitto a Roma dell'ex magistrato
Vittorio Casale, immobiliarista emiliano del giro Consorte-Unipol, e perciò automaticamente catalogato come dalemiano, probabilmente era l’imprenditore più in vista tra quelli taglieggiati da Alfonso Papa. Per un paio di anni gli ha pagato la garçonnière di via Giulia a ottocento euro il mese. In cambio Papa gli aveva fatto balenare soluzione ai suoi problemi giudiziari. E Casale, per stare tranquillo, pagava.
Ora, che Vittorio Casale avesse guai con la giustizia è un dato di fatto. Tre giorni fa l’hanno arrestato per bancarotta fraudolenta. La procura di Milano lo accusa di avere frodato il fisco e i creditori. Il suo nome era balzato agli onori della cronaca giudiziaria nell’estate dei Furbetti del Quartierino e si scoprì che pure Vittorio Casale si stava impegnando nell’assalto alla Bnl al fianco di Consorte, Ricucci & soci. Con Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti aveva avuto un fitto rapporto: nel 2008 tutti e tre furono indagati dai pm romani Giuseppe Cascini e Rodolfo Sabelli per appropriazione indebita, inchiesta nata dalla cessione di 133 immobili dal patrimonio di Unipol per 250 milioni di euro.
Ora, in tutto questo traffico di compravendite, finanziamenti, debiti, cordate, a un certo punto tentò d’infilarsi anche Alfonso Papa. Il quale nutriva ambizioni imprenditoriali partendo dalla sua posizione di magistrato. Aveva scoperto, guarda un po’, i guai in cui stava per precipitare il gruppo Romeo (altra celebre inchiesta napoletana) e si offrì a Casale come socio occulto per la manutenzione di immobili. «Grazie alle sue conoscenze - ricostruisce Casale in un interrogatorio del 18 febbraio - ci avrebbe messo in condizione di vincere gare, occupando, appunto grazie a lui, la fetta di mercato lasciata libera da Romeo». L’immobiliarista però lasciò cadere.
I due erano entrati in contatto qualche tempo prima. Anche quella volta c’entrava un’inchiesta giudiziaria. L’immobiliarista si ritrovò Papa, che all’epoca era dirigente generale al ministero della Giustizia, a tavola in una cena a casa di un amico comune. «Mi disse che ero “fortemente attenzionato dalla procura di Milano per la vicenda Bnl”, dicendomi addirittura che era imminente un mandato di cattura spiccato dalla suddetta autorità giudiziaria; in tale frangente il Papa mi disse che “poteva darmi una mano”... in quanto magistrato».
La cosa finì lì perché Casale capì che l’interlocutore millantava. «Tra l’altro fece riferimento ai miei presunti rapporti con D’Alema, riferiti alla scalata Unipol/Bnl, che io non vedevo da almeno 20 anni». E in effetti anche Massimo D’Alema l’altro giorno negava rapporti e annunciava querele per chi avesse accostato il suo nome a quello di Casale «attraverso ricostruzioni fantasiose e diffamatorie».
In quel periodo Papa faceva coppia con Simone Chiarella, italo-americano di belle speranze, un altro rampante, marito di Giuseppina Caltagirone, la figlia di quel Francesco Gaetano che è morto qualche mese fa. Tutto sembrava sorridere alla coppia Chiarella-Caltagirone, promotori di imprese nel campo alberghiero, nell’editoria (il bimestrale «Il giusto processo» e «Il Domenicale» di Marcello Dell’Utri), nella musica classica e nelle partite a polo.
Chiarella in Italia era il braccio destro di Tom Barrack, immobiliarista di Los Angeles, dominus della Costa Smeralda (finché non ha mollato tutto, un anno fa). Grazie a quegli incontri sponsorizzati da Papa, Barrack e Casale diedero vita a una società mista dalle grandissime ambizioni il cui presidente era l’ex ragioniere dello Stato Andrea Monorchio (presto sostituito da Angelo Piazza, ex ministro alla Funzione pubblica nel governo D’Alema). Società poi sciolta.
Chiarella e Caltagirone nel frattempo compravano da Casale per 25 milioni di euro un albergo di Cortina, l’hotel «Dolomiti». E lì nacquero altri problemi. Tanto per cominciare Casale lamentava un debito di 5 milioni non avendo la coppia mai saldato l’acquisto. Nel frattempo, peraltro, la signora cacciò di casa il marito avendo scoperto che lui le aveva «soffiato» 8 milioni di euro dalla società comune e se la prese anche con Casale, ritenendolo socio occulto dell’ex marito. E’ Papa che mise pace, ma non gratis. «Per tale attività, a conclusione dell’affare, pretendeva 500mila euro di provvigione». Per la cronaca, Simone Chiarella è stato arrestato il 5 maggio dopo un’articolata denuncia dell’ex moglie.
FRANCESCO GRIGNETTI
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