giovedì 9 giugno 2011

Evasione e riciclaggio dietro i matrimoni a villa Carafa di Andria

TRANI - Il matrimonio è amore ma anche affare. C’è chi, e l’elenco è lungo, da quell’unione guadagna. E non poco, ad iniziare dalla sala ricevimenti. Nulla di illecito (semmai c’è da riflettere sui costosi usi) a meno che parte di quegli ingenti profitti vengano sottratti al Fisco. Anche perché quanti sposi ricevono, o tantomeno, chiedono fattura di pari importo del costo del banchetto?

Dettagli e particolari - Un “dettaglio”, forse, per gli sposi e le loro famiglie. Semmai per il giorno più bello i “particolari” cui fare attenzione sono altri. Come quelli garantiti dal sito internet di Villa Carafa, la sala ricevimenti che si staglia sull’Andria-Minervino, ora anche sullo sfondo di un’inchiesta su evasione fiscale e riciclaggio condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Bari (il capitano Mario Ignazio Germano) e coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica di Trani Antonio Savasta. Che ha chiesto ed ottenuto dal giudice per le indagini preliminari, Roberto Oliveri Del Castillo, il sequestro di beni per un valore di 12 milioni di euro. A vario titolo sono indagate 17 persone, tra cui anche un commercialista e 4 fra direttori e vicedirettori di banca.

La somma di “dettagli”, cioè delle fatture inferiori rispetto ai reale gudagni delle cerimonie, negli anni sarebbe diventato un impero per la famiglia Confalone di Andria, il cui nome è riconducibile a “Villa Carafa”. Che, ovviamente, non ospita solo banchetti nuziali ma anche ogni tipo di ricorrenza, festeggiamento e meeting, sebbene l’inchiesta sia stata emblematicamente battezzata “Marriage”, termine inglese che, per l’appunto, significa matrimonio, cerimonia nuziale.

I Beni - Il sequestro dei beni colpisce 12 persone: 3 fratelli, Mario, Riccardo, Tommaso Confalone coi rispettivi nuclei familiari (tutti originari di Andria ed indagati per i reati di riciclaggio e/o reimpiego di capitali di provenienza illecita) i quali, attraverso la gestione di “Villa Carafa”, avrebbero riciclato ingenti somme di denaro provento del reato di evasione fiscale contestato ad un quarto fratello, Vincenzo Confalone, nella sua qualità di rappresentante legale della società di gestione. L’immobile di “Villa Carafa” non è di proprietà della famiglia Confalone ma di una società immobiliare in cui i Confalone hanno quote: la sala – è bene precisarlo per quanti sono prossimi a festeggiamenti – è funzionante.

Contestualmente al provvedimento di sequestro del gip, ieri, mattina i finanzieri hanno notificato 5 informazioni di garanzia per concorso nel reato di riciclaggio ad un commercialista ed a funzionari di banca.

L’indagine - L’indagine ha avuto inizio a gennaio del 2009 a seguito di pregresse indagini di polizia valutaria, a loro volta originate dallo sviluppo di 4 segnalazioni per sospette operazioni di riciclaggio. L’inchiesta che conta anche una consulenza contabile del commercialista tranese Nicola Pappalettera ha quantificato in circa 11 milioni di euro l’importo complessivo dei redditi derivanti dalla gestione della predetta sala ricevimenti che non sarebbero stati dichiarati al fisco nel periodo 1997-2008. Gli inquirenti hanno esaminato una copiosa documentazione bancaria (138 rapporti bancari in 21 tra banche, società fiduciarie e società di gestione del risparmio) e riscontri presso gli sposi fruitori dei servizi di ristorazione. Svelata, secondo l’accusa, la pratica diffusa della società di gestione di “Villa Carafa” di sottofatturare gli introiti derivanti dallo svolgimento di cerimonie nuziali. Una pratica illecita che sarebbe stata confermata dalle oltre 200 persone interrogate dai finanzieri: le percentuali di evasione oscillerebbero tra il 40% ed il 60%.

La «sponda» bancaria - Con la complicità di figure apicali di filiali di banche e di un commercialista, la grande mole di denaro ritenuta provento di evasione fiscale dopo esser stata depositata su libretti al portatore e/o certificati di deposito intestati a persone inesistenti o a terzi estranei ed inconsapevoli, veniva poi messa a disposizione sui conti personali dei soci della società di gestione di “Villa Carafa” e dei rispettivi nuclei familiari. Le provviste così create sarebbero state poi utilizzate per acquistare, direttamente o grazie ad apposite società, immobili di pregio nel centro di Andria (in molti casi dichiarando un valore notevolmente inferiore a quello reale, come sarebbe stato confermato da diversi venditori), titoli, polizze assicurative, quote societarie.

ANTONELLO NORSCIA

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