mercoledì 3 novembre 2010

mafia e appalti

Il «ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra» Angelo Siino descrive i rapporti tesi esistenti tra la mafia locale e l'impresa

Anche Angelo Siino, ex fedelissimo di Totò Riina noto come il "ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra", ha avuto modo raccontare ai magistrati della Dda nissena alcune vicende riguardanti gli intrecci fra la mafia e la "Calcestruzzi Spa". Anche se i suoi racconti vanno molto indietro nel tempo e arrivano al 1997, anno in cui decise di pentirsi e collaborare con la giustizia.


Siino sarà ascoltato dal Tribunale nisseno (presidente Giacomo Montalbano) in trasferta a Milano nel processo "Doppio Colpo 2", che riprende questa mattina, in cui sono imputati gli ex dirigenti della "Calcestruzzi Spa" Mario Colombini e Fausto Volante assieme al riesino Giovanni Giuseppe Laurino per le presunte frodi in pubbliche forniture realizzate, secondo l'accusa, con l'impiego del calcestruzzo depotenziato per la costruzione di alcune opere pubbliche in Sicilia.

«Alla metà degli anni '80 era il gruppo Ferruzzi ad avere il pacchetto azionario di maggioranza della "Calcestruzzi Spa". In quel periodo arrivarono molte lamentele da parte degli esponenti mafiosi della zona di Caltanissetta perché la "Calcestruzzi Spa" non pagava la "messa a posto" per gli impianti di betonaggio. Per la verità le lamentele arrivavano da tutte le famiglie mafiose siciliane nel cui territorio era presente la "Calcestruzzi". Ricordo che, per quanto riguarda Caltanissetta, furono Leonardo Messina e Totò Ferraro a venirmi a chiedere se fosse vero che la "Calcestruzzi Spa" non pagava il pizzo perché era di proprietà di Totò Riina. Io presi tempo e mi rivolsi a Giuseppe "Piddu" Madonia, il quale mi raccomandò di lasciare le cose come stavano i quanto l'ing. Bini (vecchio amministratore della "Calcestruzzi") era diretta emanazione di Nino Buscemi, che era riuscito ad intrufolarsi nella gestione dell'azienda. Posso anche dire che Bini e Buscemi avevano avuto contatti con l'imprenditore nisseno Pietro Di Vincenzo per le forniture riguardanti la costruzione dell'impianto di depurazione in contrada Giachea, in territorio di Carini».

Siino parla anche di lamentele della famiglia mafiosa riesina dei Cammarata: «Ricordo che, tra il 1986 e il 1987, ricevetti le lamentele di un imprenditore di Riesi, tale Salamone, che aveva un impianto di conglomerati cementizi nella valle di Riesi nonché una ditta di costruzioni. Salamone, in presenza di Calogerò Calà, affiliato alla famiglia mafiosa di Mussomeli e uomo di "Piddu" Madonia, mi spiegò che egli pagava regolarmente la "messa a posto" e si era sempre messo a disposizione per le forniture, ma non era riuscito a lavorare in base alle sue potenzialità perché la "Calcestruzzi Spa" spadroneggiava nella zona. Salamone aveva informato i Cammarata del comportamento scorretto della "Calcestruzzi" senza ottenere alcuna risposta. Incontrai allora "Piddu" Madonia, che era latitante nella zona di Villarosa, il quale mi riferì che Pino Cammarata, non avendo compreso l'importanza dei personaggi, continuava a dare fastidio alla "Calcestruzzi Spa", addirittura commettendo qualche danneggiamento. Venne organizzata una riunione alla quale ero presente io assieme a Salvatore Ferraro, Lorenzo Vaccaro di Campofranco e uno dei Cammarata, non ricordo quale, forse Pino, che aveva una folta chioma ricciuta. In merito al fatto che la "Calcestruzzi Spa" non pagava la "messa a posto" spiegai che occorreva rimanere calmi e che c'erano ragioni superiori che imponevano il mantenimento di tale situazione. In seguito, negli anni '90 la "Calcestruzzi Spa" controllava quasi tutti gli stabilimenti siciliani e aveva contatti politici importanti».

Vincenzo Pane

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